domenica 30 aprile 2017

Dario Arcidiacono alla Spazio Galileo del Leoncavallo con Pandemia Rettiliana

"Pandemia Rettiliana è una mostruosa sfilata di esseri mutanti, idealmente alieni, ma funzionalmente autoctoni di una società sull'orlo del baratro che proietta al di fuori dei propri confini ciò che in realtà la dilania internamente." TG

Immagini sconsigliate ai minori di anni 14

Pandemia Rettiliana
Bo 130 e Microbo insieme a Dario Arcidiacono (al centro).

So di essere in ritardo per consigliarvi un evento molto particolare che avreste fatto bene a visitare di vostra spontanea iniziativa e che molti artisti sperano di ottenere un po' di promozione e visibilità attraverso fonti di comunicazione di vario tipo che parlino possibilmente bene di loro, ma vi ricordo che questa non è la mia mission. Anche perché Frammenti di Cultura è un sito di documentazione completamente indipendente che non si lascia adulare o comprare da nessuno. Proprio per questo motivo, nel corso del tempo, "graffitiamilano" ha conquistato un minimo di autorevolezza e diffusione, sia tra gli addetti ai lavori della cultura del circuito "mainstream", sia tra chi opera nell'ombra, o fa parte di movimenti artistici più underground, frequenta gli spazi alternativi a quelli del grande business economico dei grandi curatori, critici e storici dell'arte contemporanea. 
Tutto questo per dirvi che, nel tentativo di conservare memoria di alcuni eventi, a mio giudizio interessanti, che poi resteranno soltanto nel cuore di chi vi ha preso parte, mi sono preso la briga di salvare qualche immagine e le parole dei protagonisti. Per poi trascriverle in forma digitale su queste pagine sperdute nell'immenso marasma del flusso dei pensieri che intasa il sistema globale d'interconnessione dei computer sui quali operano umani, robot e rettiliani

Sotto sotto siamo tutti un po' rettiliani ed abbiamo gli stessi gusti dei nostri antenati dal sangue freddo.

E' il giorno dell'inaugurazione  di Pandemia Rettiliana al Centro Sociale Leoncavallo, è il 12 aprile 2017. Sono con Lilo che avevo conosciuto in una situazione completamente diversa, mentre adesso è in veste di curatrice dello Spazio Galileo dove è stato organizzato questo evento a cui tenevo molto assistere, la mostra dell'artista maledetto Dario Arcidiacono. TG

Lilo, MFFV e amici.

Tony Graffio: Lilo, che cosa mi puoi dire di questa mostra? E' stata difficile organizzarla?

Lilo: No, per niente. Dario l'abbiamo conosciuto tramite AFA 2016, il festival di grafica e fumetto che si svolge a maggio al Leoncavallo. Io ed il mio compagno, da circa un anno e mezzo, gestiamo le mostre nello Spazio Galileo.

TG: Possiamo dire che sei diventata una "Boss", allora?

Lilo: (Sonora risata) No... 

TG: Beh, insomma...

Lilo: In questo spazio abbiamo già fatto un bel po' di mostre. La cosa bella è che è uno spazio che si rende accessibile facilmente, perché qui si fanno delle mostre dove di solito non ce lo si aspetterebbe ed il pubblico cambia frequentemente. Martino ed io critichiamo molto il mondo dell'arte, nonostante organizziamo eventi che hanno a che fare con questo ambiente, eppure riusciamo a mantenerci al di fuori da questo mondo. Il nostro modo di agire è molto diverso dalle dinamiche che si conoscono normalmente e che prevedono che l'artista fornisca il quadro a qualcuno che lo espone dietro ad un compenso, o ad una percentuale. Noi tendiamo a creare una collaborazione con chi espone i suoi lavori e a fornire un'esperienza.

TG: Fammi capire meglio. Fornite un servizio, o mettete a disposizione uno spazio?

Lilo: Vogliamo creare un'esperienza che possa essere utile a tutti. La cosa bella è che noi teniamo aperta la mostra anche durante le serate del Leoncavallo, quindi entrano in questa sala anche le persone che non si aspettano minimamente una mostra in questo luogo che oltre tutto ospita mostre di qualità.

Pene e vagina
E voi che cosa preferireste? 

TG: Quando decidete di mettere in programma una mostra, che cosa privilegiate? L'aspetto culturale o quello artistico?

Lilo: Entrambi sono importanti, ma noi diamo più importanza alla componente artistica. La nostra prima mostra, nel 2015, è stata una commemorazione dei 40 anni del Leoncavallo perché cadeva proprio in quel periodo; chiaro che lì abbiamo privilegiato l'aspetto culturale di quella ricorrenza. Si trattava di fotografie all'interno di un grande foglio di carta che venivano poi dipinte dai ragazzi che prendevano parte a questo evento. Hanno iniziato quest'opera degli artisti emergenti, come Stefania Ruggero, Andrea Fiorino, Dario Maglianico e poi hanno continuato questa performance altri artisti intervenuti alla serata dei 40 anni del Leo. Capita così che qui si verifichino eventi spontanei e mostre più ragionate. L'anno scorso durante il Letterpress Workers, un laboratorio di stampa a caratteri mobili che organizziamo qui, abbiamo presentato Tina Jeler, una designer emergente che ha ideato un font, ma in quel caso c'era alle spalle la struttura di un festival. Il suo font creava dei pattern ed un senso di continuità e di fatto era un modo diverso per allestire la tipografia. Noi organizziamo le mostre per chi ci chiede di esporre.

TG: Ci sarà un minimo di selezione, immagino... Oppure mettete in mostra tutto quello che vi chiedono di esporre?

Lilo: Per ora, non abbiamo dovuto farla.

TG: Ah, ok, erano tutte persone di valore?

Lilo: Sì, oppure che si potevano valorizzare. I curatori si occupano proprio di valorizzare il lavoro altrui.

TG: Ho capito. Ma come si mantiene questo sistema? Vi danno una percentuale sulle vendite?

Lilo: Generalmente, a noi interessa soltanto rientrare con le spese. Ciò vuol dire che se dobbiamo stampare le opere o le cartoline dei comunicati chiediamo un rimborso spese. Si tratta di spese basilari. Tutto il ricavato delle eventuali vendite va all'artista, poi decide lui cosa fare di questi soldi. Noi non chiediamo niente, ma se l'artista vuole lasciare un contributo, noi lo accettiamo.

TG: Con Dario com'è andata? Che cosa gli avete proposto di esporre?

Lilo: Abbiamo voluto organizzare un paio di mostre, questa e quella appena conclusa di Messico, che introducessero l'AFA e la promuovessero. Io avevo in mente un altro tipo di esposizione, ma per non complicare troppo le cose abbiamo deciso di riproporre in forma più completa questa mostra che era già stata esposta alla Biennale di Venezia del 2013 nel padiglione siriano; solo che lì erano esposte meno opere: soltanto 35.

TG: Che tecnica ha usato Dario? Sono inchiostri? Pezzi unici?

Lilo: Sono tutti pezzi unici fatti a pennarello e poi imbustati.

TG: Prezzi?

Lilo: 40 euro con autentica dell'autore.

TG: La mostra dura solo 15 giorni?

Lilo: Sì, fino al 29 aprile, dopo abbiamo altro in programma. Di solito siamo aperti principalmente dal mercoledì sera al giovedì, venerdì e sabato. 

TG: Qualcos'altro da dire?

Lilo: Con le serate del Leoncavallo, lo Spazio Galileo è una delle gallerie d'arte più frequentate di Milano. Tutti coloro che vengono qua a ballare, poi passano anche in Galleria. Messico, l'artista della Semina che ha esposto qui recentemente, ha tenuto la sua mostra aperta fino alle 4 del mattino perché continuava ad arrivare gente.

TG: Quante persone saranno passate di qua quella sera? Un migliaio?

Lilo: Sicuramente. E tieni presente che è un pubblico che solitamente non va a vedere le mostre.

TG: Secondo te perché? Non gli piace entrare nelle gallerie d'arte?

Lilo: Non saprei, si tratta di un pubblico giovane; però è anche vero che l'arte contemporanea non è facile. Le gallerie sono degli ambienti un po' aristocratici che attirano solo un pubblico di addetti ai lavori interessati all'arte. Forse per questo non si va a cercare qualcosa che viene visto come separato dalla realtà circostante. Se poi non vai al vernissage, la mostra viene visitata molto difficilmente. Anche l'accesso al mondo dell'arte è visto come qualcosa di élite. Possiamo dire che il pubblico delle persone normali preferiscono vedere le grandi mostre nei musei che però sono scelte dalle istituzioni. Saper dare una garanzia di qualità ad una mostra, in un luogo dove tu non ti aspetteresti mai di trovare qualcosa di valore non è facile, ma ti sorprende. Anche noi abbiamo un pubblico a cui interessano queste cose e sa apprezzarle. Questo ci fa piacere perché altrimenti certe persone non andrebbero a vedere l'arte in spazi canonici. Un po' per scelta, un po' per come stanno andando le cose. Il museo, secondo me, cataloga, uccide l'arte e lascia indietro quello che accade veramente nell'arte contemporanea che deve essere totalmente attuale. La contemporaneità viene presentata in singole mostre in piccole gallerie che effettuano una loro scelta, spesso più dettata dall'esigenza di trovare un mercato, che dal voler far conoscere gli innovatori del nostro presente. A noi invece il mercato non interessa, noi non cerchiamo la gente per venderle qualcosa.

TG: Chiaro. Il caso di Dario però è molto particolare; si tratta di una mostra che è stata addirittura alla Biennale di Venezia e adesso qua. Sembrerebbe un controsenso di chi è già balzato alle luci della ribalta più prestigiosa ed adesso torna  in un ambiente alternativo. Come dobbiamo leggere questa operazione?

Lilo: No, non è un controsenso. Perché ritieni sia così? Perché arriva dal mondo dell'arte?

TG: Beh, arriva dal mondo dell'arte riconosciuta dalle istituzioni e poi sceglie di mostrarsi come un esordiente alle prime armi in un ambiente alternativo.

Lilo: Già accettare di esporre qua significa essere al di fuori di quel mondo. Dario, come singolo è lontano dal mondo delle gallerie. Un gallerista non verrebbe qua ad esporre. 

Chemtrails Dario Arcidiacono
I rettiliani stanno rovinando il nostro pianeta. C'è ancora qualcuno che non s'è accorto che le Chem-Trails ci stanno avvelenando?

TG: Spiegamelo meglio.

Lilo: Se un artista accetta di esporre qua lo fa perché riconosce il potenziale di questo luogo e forse non vuole restare così scollegato dal mondo dell'arte, però se vuole ne può anche uscire tranquillamente.

TG: Allora perché un artista dovrebbe esporre in questo spazio?

Lilo: Beh, se uno ha qualcosa da dire, meglio farlo davanti ad un pubblico vasto che ti può apprezzare sinceramente.

TG: Va bene, adesso scusami perché ho visto che Giacomo Spazio sta per andare via e volevo chiedere qualcosa anche a lui.

Lilo: Ok.

Tony Graffio: Giacomo, hai voglia di dirmi qualcosa al volo su Dario Arcidiacono?

Giacomo Spazio: Penso che Dario sia uno dei pittori più pazzeschi che esistano attualmente in circolazione perché sa mischiare realtà e leggenda con un tratto unico, catastrofico e, soprattutto, ironico.

TG: Poi lui è l'ultimo sopravvissuto dell'Ultrapop, mi pare...

Giacomo Spazio: Beh no, c'è anche Sandra Virlinzi che faceva parte di questo quartetto che, oltre a Dario aveva visto Giordano Curreri e Antonio Sorrentino scoprire e rivalutare, non solo il fumetto, ma anche quella parte più truculenta che comprende gli zombie, il gore, la politica ed il non contemplato. Purtroppo, come spesso succede, una volta arrivati ad una forma notevole, prima ancora della rinascita americana di questo genere, sono implosi. Nessuno più li ha sostenuti e sono tornati tutti a lavorare in altri settori.

TG: Hanno cambiato lavoro?

Giacomo Spazio: Sì, adesso fanno altri lavori, ma continuano a farci riflettere.

In alto a destra il quadro ovale che piace a Giacomo Spazio.

TG: Tu apprezzi molto questa forma d'arte?

Giacomo Spazio: Sì io sono un felice seguace di Dario e l'opera che apprezzo di più in questa sua mostra è il lampione che monta la telecamera di sorveglianza a 360°. Quello per me è l'emblema della nostra società, ma anche un esempio che ci fa capire come si diverte lui.

TG: Volevo chiederti una cosa che io non riesco tanto bene a capire e per questo ne parlavo anche con Lilo. Com'è possibile che un artista al quale è stato riconosciuto internazionalmente un certo valore decida di tornare ad essere underground? Come dobbiamo leggere questo passaggio? E' un tornare indietro? O fa parte della carriera di un artista contemporaneo?

Giacomo Spazio: No, è qualcosa da leggere sullo stesso piano. Alla Biennale di Venezia non ha esposto in uno dei padiglioni alla moda, ma nel padiglione siriano nel periodo in cui quel paese si era ritrovato in guerra. Come dice Dario, ironizzando, quello era in qualche modo un padiglione falso. E' probabile che di lì sia passata pochissima gente.

TG: Adesso lo chiederò anche a lui, ma tu hai idea di chi gli ha proposto quella operazione?

Giacomo Spazio: Credo si trattasse di un'open call proposta proprio dagli operatori culturali siriani, ma non ne sono sicuro. Quello che posso dire è di venire qui a vedere la mostra perché ne vale proprio la pena. E non lasciatevi scappare un disegno che costa soltanto 40 euro, praticamente un'inezia per un pezzo unico delle dimensioni di circa un po' più della metà di un foglio A4.

TG: Ottimo consiglio. Grazie. Ciao, a presto.

Giacomo Spazio: Ciao.

E adesso sentiamo l'artista che sta mostrando i suoi lavori a Bo e Microbo.

Tony Graffio: Come prima cosa, ma non credo di chiederti molto di più, vorrei sapere come hai fatto ad esporre alla Biennale di Venezia, nel padiglione siriano? E che cosa questo ha significato per te?

Dario Arcidiacono: Sono stato invitato da Duccio Trombadori che era il curatore del padiglione. Basta. Sono stato ben felice di partecipare a quella Biennale.

TG: Come mai? A causa della guerra era difficile reperire artisti siriani? O ha considerato la tua  opera particolarmente significativa, vista la situazione che si era verificata in quei luoghi?

Dario Arcidiacono: Non ho idea di come siano andate le cose con gli artisti siriani. A Duccio Trombadori sono sempre piaciute le mie cose, penso che mi abbia chiamato per questo.

Nel mondo della Pandemia Rettiliana tutto è un deserto e le Twin Tower del World Trade Center sono ancora in piedi.

TG: Ci vedeva qualche attinenza con quello che sta accadendo là? Dovremmo chiederlo a lui?

Dario Arcidiacono: Si forse sì. Bisognerebbe chiederlo a lui. Non me ne ha mai parlato, ma sono sempre cose delicate. Non lo so. Ma in realtà, lui non sapeva che io avrei esposto queste cose. Mi ha lasciato completamente libero, mi ha detto: "Sei invitato a partecipare a padiglione!".

TG: Fai quello che vuoi!

Dario Arcidiacono: No, fai quello che vuoi no, mi ha detto, manda l'immagine entro un certo periodo e l'immagine era Pandemia Rettiliana. Dopo, ho saputo che avrei avuto più spazio a disposizione, quindi per riempire tutta la parete che mi era stata affidata,in pochissimi giorni ho riempito tutte le buste con i miei disegni.

TG: Le hai preparate al momento?

Giacomo Arcidiacono: Le ho disegnate cinque giorni prima dell'allestimento. E' stato allora che mi hanno avvisato che avevo più spazio a disposizione, mentre inizialmente mi avevano dato lo spazio per un unico quadro di cm 50X70.

TG: Sai se ci sono stati molti visitatori nel "tuo padiglione"?

Dario Arcidiacono: Non lo so, sinceramente, io ero presente solo per l'inaugurazione e poi non sono più riuscito a tornare a Venezia. Infatti, molte buste che erano pronte le ho dimenticate e ne mancavano almeno un terzo.

Pandemia Rettiliana su una parete dello Spazio Galileo allo Spazio Pubblico Autogestito del Leoncavallo.

TG: E' stato un problema?

Dario Arcidiacono: Sarei dovuto tornare per montarle, ma per via del lavoro che faccio non sono più riuscito a tornare in Biennale.

TG: Fai il tipografo?

Dario Arcidiacono: Beh sì, faccio l'infografico.

TG: Ultimissima cosa. Non mi devi convincere perché io so che sono tra noi da molto tempo, ma tu ci parli con i rettiliani?

Dario Arcidiacono: Mai incontrato uno, fortunatamente!

TG: Però esistono!

Dario Arcidiacono: Sì, sono tra di noi.

TG: Tu non sei uno di loro, vero?

Dario Arcidiacono: Io non penso...

TG: Tu non pensi, ma a me qualche sospetto mi viene. Va beh, dai non insisto...

Dari Arcidiacono: Sarei ricco allora... perché i rettiliani stanno sempre abbastanza bene...

TG: Potresti essere un infiltrato... Ti vedo reticente, guarda che non ti ho chiesto di farmi dei nomi... Chiudiamo qui, tanto io ti ho capito! Grazie.

Il quadro di Pandemia Rettiliana che avrebbe dovuto essere l'unica opera di Dario Arcidioacono ad essere esposta alla Biennale di Venezia del 2013. Nom Couture.

Dario Arcidiacono lo ritroverete alla seconda edizione di AFA del 5, 6 e 7 maggio 2017; approfittatene perché poi il 19 maggio, come sapete, c'è qualcuno che parla di sganciare qualche caramella al plutonio sulla Corea del Nord, fatto che potrebbe trasformarci tutti in mutanti e far venire allo scoperto i rettiliani rendendo poi le immagini viste in Pandemia Rettiliana reali.

Music For Fake Videogames
La serata è stata resa ancora più gradevole grazie alle ambientazioni sonore di MFVV, l'acronimo di Music For Fake Videogames. Musica ad effetto improvvisata per l'occasione. Alberto Gasperini, 26 anni, aveva iniziato a fare musica a 8 bit per i videogiochi, ma poi ha optato per comporre musica un po' più elaborata nei Live set.

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mercoledì 26 aprile 2017

Basement Party - the Story - Fumetti, serigrafia, grafica e tutto quello che fa spettacolo

Kuro
Kuro

Ultime immagini e ultime impressioni raccolte a tarda notte, o prima mattina, presso il Cotton Club di Jesi, dove s'è svolto il Basement Party organizzato da Jerry, Mona e Sonny. La partecipazione è stata massiccia, l'euforia generale ha anche raggiunto livelli inaspettati e tutto si è svolto nel massimo rispetto reciproco; si può dire che tutto è andato per il meglio e aspettiamo che si ripeta presto un'altra occasione del genere in cui ci si possa incontrare, conoscere e avere modo di esporre la propria arte in un clima di cordialità dove un pubblico preparatissimo è il fattore in più, capace di valorizzare i lavori degli autori in mostra.
Si conclude qui un reportage speciale di Frammenti di Cultura su una realtà di provincia che ha saputo fare appassionare anche chi vive lontano da questi luoghi e sicuramente porterà nuove idee e voglia di fare, anche a coloro che pensano che organizzare certi eventi in una congiuntura delicata come quella in cui viviamo, ormai da troppi anni, sia impossibile. 
Mi ha fatto particolarmente piacere essermi immerso, anche se solo per pochi giorni, in una comunità vivace e molto solida che è riuscita a dare segnali importanti di rinascita e prova di grande efficienza e competenza. TG


Alex Massaggi a Basement Party 2017

Tra i vari disegnatori di fumetti presenti, incontro  Alex Massaggi.

Tony Graffio: Ciao Alex, raccontami qualcosa di te!

Alex Massaggi: No, stai scherzando vero?

TG: No, tutti raccontano qualcosa di se stessi in questa festa.

Alex Massaggi: Vado di porcate allora, lo sai?

TG: Va bene, no problem.

Alex Massaggi: Ciao, sono Alex, normalmente faccio il fumettista.

TG: Insegni alla Scuola Internazionale di Comics?

Alex Massaggi: Esattamente. Questa scuola è una bella realtà che esiste dal 1999. Inizialmente, non è stata accolta al meglio, ma adesso le cose vanno bene.

TG: C'è qualcun altro qua che insegna alla Scuola del Fumetto?

Alex Massaggi: Sì, c'è Mirco Pierfederici e Stefano Carloni che oltre ad essere un insegnante è un assistente.


Tavole di Gianluigi Gregorini e Autori Vari.

TG: Tu sei di Jesi?

Alex Massaggi: Sì, ma volevo finire il discorso sulla scuola e dirti che oltre ai lavori di Mirco e Stefano, ci sono quelli di Marco Bianchini che ufficialmente è il Direttore della Scuola di Firenze, perché la Scuola Internazionale ha varie sedi sparse più o meno in tutta Italia. E' una bellissima realtà, non solo perché ci insegno io, ma il livello di qualità è veramente schifosamente alto. E so che le cose vanno molto bene anche nelle altre sedi, se non di più che da noi, a volte... Anche lì c'è lo stesso tipo di target e di motivazione. Tolto il contesto scuola, per il resto adesso non so più cosa dire perché mi voglio godere la festa.

TG: OK, va bene, buon divertimento.


Claudio Rinaldi di Rinoteca

Incontro Rino di Rinoteca, il laboratorio che oltre a vari tipi di lavori di falegnameria e scultura stampa i bellissimi poster di Sonny Alabama e tante altre magnifiche serigrafie per altri artisti.

TG: Ciao Rino, qual è il tuo vero nome?

Rino: Claudio Rinaldi.

TG: Che cos'è la Rinoteca?

Rino: Abbiamo aperto un laboratorio quattro anni fa, da un anno ci siamo trasferiti ed abbiamo ampliato i nostri interessi. Adesso lavoriamo nella falegnameria, nella serigrafia, nella prototipazione in 3D.

TG: Dove siete? 

Rino: Ad Ancona, ma siamo tutti ragazzi che abbiamo varie provenienze. Io sono di Fano, c'è chi viene dalle Tremiti, chi da Ancona, chi da Fabriano. Abbiamo aperto questo laboratorio condiviso per soddisfare vari tipi di esigenze. Da un anno siamo diventati una Srl per spingere meglio i prodotti che facevamo prima in condivisione.


Un'altra serigrafia di Kuro

TG: Mi piacciono molto i lavori di Kuro, lui oggi non è venuto, parlami di lui, per favore.

Rino: Vincenzo Fortunato, in arte Kuro, è l'autore di molte nostre serigrafie ed è anche la persona che stampa gran parte dei nostri lavori. Fa illustrazione e Rock Poster Art. Lo trovi anche sul sito fan poster art. Per ora questo settore funziona abbastanza bene, abbiamo avuto diverse richieste, lo dico con tanta umiltà, da tutto il mondo, più che dall'Italia. Sicuramente. Facciamo più spedizioni in Australia, America e UK di quanto vendiamo in Italia.

TG: Si tratta di soggetti che crea lui?

Rino: Sì, sono soggetti suoi. Lui tende a illustrare soggetti femminili nei suoi lavori.


L'ingresso al Basement Party costava solo due euro.

TG: Voi stampate anche per Sonny Alabama?

Rino: Per gli artisti che espongono in questa mostra abbiamo stampato per Sonny Alabama, Marco 50 lire che ha disegnato quei poster di cm 70X70 e Diego Bonci. Negli anni, qua in zona ci siamo fatti diverse amicizie e perciò cerchiamo di collaborare per rendere a tutti più semplice il loro lavoro.

TG: Fate serigrafia in modo automatico o in modo artistico?

Rino: Serigrafia artistica. E' fatto tutto a mano. Abbiamo un piano aspirato e neanche lo accendiamo... I registri tra un telaio e l'altro sono fatti ad occhio.

TG: Fino a quanti colori siete arrivati a stampare?

Rino: Sinceramente, neanche tantissimi: 8 colori.

TG: Beh non sono pochi...

Rino: Sì, ma in giro ci sono anche serigrafie da 20 o 30 colori che a volte ci sembrano stampe impensabili da fare. Stampare a 30 colori richiede una quantità di tempo e di colore tale che non sai effettivamente quanto miglioramento può portare all'opera finale.

TG: Che tirature fate mediamente?

Rino: Normalmente, 30 o 40 pezzi. In alcuni casi magari cambiamo il tipo di carta o i colori da stampare. In quei casi facciamo tirature molto limitate da 10 pezzi. Può capitare che durante la stampa, l'artista cambia idea e sceglie d'inchiostrare in modo diverso i telai. I capelli da rossi diventano blu, per esempio, però in questo modo ne stampa solo 10, proprio perché lui stesso è l'autore e lo stampatore ed è libero di fare come meglio crede.


Annalisa Buscarini è stata scrupolosissima, come si può vedere in questa immagine, si premurava di contrassegnare ogni avventore/visitatore con un pennarello e rilasciava regolari ricevute fiscali (vedi blocchetto delle fatture sul tavolino all'ingresso). Anche le casse del bar rilasciavano tutti i documenti previsti dalla Legge. Nemmeno in Svizzera ho mai visto nessuno attenersi alle regole con tanta precisione e senso civico.


Fotografia di Luca "Blast" Forlani

Infine, voglio concludere con un simpatico sportivo/artista che ha partecipato alla precedente edizione di Basement Party, per avere un'opinione dall'esterno di un addetto ai lavori che può valutare in modo competente il livello della manifestazione e raccontarmi anche qualcosa di personale. Mi fa piacere sottolineare come ogni persona che è intervenuta a questa festa, pur essendo ben assimilata in una comunità molto unita, in cui tutti conoscono tutti, sia anche un individuo con caratteristiche proprie ben definite ed una fonte d'ispirazione spesso molto diversa dai propri colleghi e amici. 


Brillantina Moretti
Brillantina Moretti, 29 anni, grafico pubblicitario.

Tony Graffio: Brillantina Moretti, Sonny Alabama mi dice che sei un personaggio interessante, attivo sia sul fronte artistico che sul ring. Quanti anni hai?

Brillantina Moretti: 29 ancora per poco, a luglio ne compirò 30.

TG: Dove vivi?

Brillantina Moretti: Per motivi di lavoro vivo a Falconara Marittima, in provincia di Ancona, però sono originario di Sant'Elpidio a Mare, in provincia di Fermo.

TG: Sei un grafico?

Brillantina Moretti: Sono un grafico pubblicitario; ho fatto un percorso di studi in questo campo e attualmente sono impiegato in uno studio grafico di Falconara Marittima.

TG: Il tuo gusto per l'immagine è un po' vintage?

Brillantina Moretti: Sì, più che un gusto direi che è uno stile di vita che poi porta a tutta una serie di scelte che influenzano il mio abbigliamento, la cultura musicale e di conseguenza il mio stile grafico. 

TG: Sei un Rockabilly?

Brillantina Moretti: Sono un Rockabilly, purtroppo senza capelli.

TG: Beh, dai questo non lo diciamo a nessuno...

Brillantina Moretti: Però, c'è già qualcuno che mi definisce un Mocker che è una definizione che diede John Lennon di se stesso quando gli chiesero se fosse un Mod o un Rocker. Ormai, purtroppo, mi sono adattato ad un look senza capelli.

TG: Lavori in digitale?

Brillantina Moretti: Lavoro in digitale per una questione di velocità ed anche perché ormai è quasi tutto veicolato sul web. Mi piacerebbe lavorare, come una volta, in serigrafia in due o tre colori, ma mi rendo conto che ormai le possibilità di poter fare delle cose del genere sono poche.

TG: Hai partecipato alla precedente edizione del Basement Party?

Brillantina Moretti: Sì.

TG: Assistere adesso a questa nuova edizione, che effetto ti fa?

Brillantina Moretti: Mi piace. E' bello partecipare anche come spettatore perché comunque hai la possibilità di conoscere nuove persone e nuovi artisti, oltre che vedere dei lavori che non capita spesso di vedere in giro. E' bello poter incontrare nella stessa manifestazione chi già lavora ed è affermato e chi deve ancora farsi conoscere. Qui è possibile parlare sia chi ha un suo mercato, ma puoi anche scoprire nuovi talenti, ovvero coloro che fanno delle attività per passione e non per lavoro. Questo è bello, perché normalmente non  è facile conoscere persone così diverse.

TG: Ti piacerebbe prendere parte ad un'eventuale prossima edizione di The Basement Party?

Brillantina Moretti: Sicuramente. E' un bell'ambiente capace di raccogliere artisti a 360°, ma soprattutto è un punto d'incontro per gente che ha veramente voglia di fare qualcosa di buono in questo campo. Non tutti hanno infatti voglia di mettersi in gioco in un momento in cui il mercato è saturo. Da una parte, ci si sente un po' limitati perché ci può essere qualcun altro che fa delle cose simili alle tue, magari ad un prezzo anche più basso, ma questo non deve essere un motivo per chiudersi in se stessi. Effettivamente, in questo periodo storico tutti guardano molto al prezzo di quello che acquistano, facendo molta attenzione all'economia ad ampio raggio e non al prodotto finale e alla qualità di quello che tu offri. Questo, ovviamente è un errore e qualcosa che anche se può portare ad una vendita, il guadagno può passare in secondo piano, perché per chi è in questo settore, la cosa importante è fare quello che piace e che ti fa stare bene.

TG: Tu sei un free-lance o sei alle dipendenze di qualche studio?

Brillantina Moretti: Io sono alle dipendenze di uno studio grafico, ma mi ritaglio un piccolo spazio da free-lance per i miei progetti personali.

TG: Che musica ascolti?

Brillantina Moretti: Per molti anni ho frequentato l'ambiente Rockabilly, ma ascolto varia musica. Non disdegno la musica degli anni del 1930-1940, inoltre sono un amante del Blues del delta del Mississipi. Mi piace ascoltare il Jazz quando lavoro. Recentemente mi sono spinto ad ascoltare anche la musica dei sixties, dal Beat al Soul, al Classic Soul. A casa, per sfogarmi, ascolto quella piccola corrente del Punk che viene definito Celtic Punk. Sono un amante della cultura irlandese, mi piacciono i Pogues ed i Mahones. Mi piace il Punk che ha una radice folk.

TG: Il tuo gruppo preferito?

Brillantina Moretti: Per la vena più folk del Punk, i Flogging Molly; per la vena un po' più Punk, i Mahones. Mi piace anche un'altra frangia che sconfina nello Street Punk, qui ci sono i Dropkick Murphys che attingono ad un immaginario della cultura irlandese. Se invece dovessi dirti il mio artista preferito ti direi il nome di Johnny Cash, tanto da essermi tatuato il motto della sua famiglia che va direttamente alle radici. Io trovo molto bella questa frase che dice: Better times will come. Verranno tempi migliori. E' come un augurio affinché arrivino momenti migliori.

TG: Ho capito. Ascolti anche il Folk tradizionale irlandese?

Brillantina Moretti: Mi piace, ma non lo conosco tantissimo; preferisco un genere più spinto che attinge alle radici folk. Conosco i Dubliners ed apprezzo che abbiano fatto delle collaborazioni con gruppi più giovani come i Pogues o i Mahones.

TG: E Van Morrison?

Brillantina Moretti: Sì, mi piace e la trovo una musica d'ascolto.

TG: La musica influenza molto il modo di vivere e di lavorare?

Brillantina Moretti: Il modo di vivere sì. Mentre il modo di lavorare deve giungere a dei compromessi, perché se hai l'affitto da pagare a fine mese, devi decidere cosa fare, a meno che tu non sia qualcuno di affermato che ha la capacità di auto-sostenersi, e devi arrivare a dei compromessi. La musica può diventare uno stile di vita dopo le 8 ore lavorative, anche se magari un certo tipo d'abbigliamento lo puoi esibire anche nel tuo ambiente di lavoro. Da appassionato degli anni '50, ti posso dire che lavorando per uno studio grafico, a volte riesco a coniugare la mia passione con il mio lavoro, ma altre volte ti viene richiesto d'essere più "contemporaneo", per seguire quello che va in quel momento e seguire le esigenze del cliente. Spesso le passioni è meglio che non diventino un lavoro o si rischia di perdere di vista l'ottica del ritorno economico.

Conclusioni
Avrei voluto documentare in modo più completo tutti i partecipanti, gli artisti, il pubblico, le persone con cui ho parlato, coloro che simpaticamente mi hanno accolto in amicizia e con interesse, comprese quelle persone con le quali ho scherzato ed ho bevuto una birra, o solo incrociato uno sguardo, ma tutto si è svolto in uno spazio limitato di tempo e Voi, i protagonisti di questa bellissima festa, eravate davvero tanti. Più di quanti potessi effettivamente contattare, ritrarre ed ascoltare. So che nei momenti di massima affluenza, solo nel locale seminterrato del Cotton Club erano presenti più di 400 ragazze e ragazzi; forse saprete già che anche sulle scale c'erano molte decine di persone in attesa d'entrare. Per non parlare di tutti coloro che erano disseminati nei tre locali del Warm-Up. Basement Party è stata davvero un'occasione speciale per farsi conoscere e attirare su una città come Jesi allegria, buon umore, arte e cultura. In molti si sono mossi per passare una serata indimenticabile in compagnia e da questo movimento ne hanno beneficiato le piccole e medie attività presenti sul territorio anche se non erano direttamente coinvolte nella notte nel Basement. Io stesso ho visitato i musei ed ho frequentato negozi e altri luoghi durante la mia permanenza a Jesi. Possiamo dire senza ombra di smentita che l'arte e la cultura producono un prezioso indotto economico a tutti e per questo iniziative di questo genere andrebbero sempre favorite, più che guardate con diffidenza e sospetto.
Nel mio reportage,  ho privilegiato le persone con le quali ho avuto un minimo di scambio verbale; purtroppo, per vari motivi, alcuni espositori non sono intervenuti al party o hanno dovuto allontanarsi prima della fine dell'evento. Mi scuso con loro se non li ho intervistati o citati adeguatamente in questo Special sul Basement Party, però mi rendo disponibile ad ascoltarli ed a inserirli in future pagine o servizi.
Ringrazio tutti coloro che ho conosciuto e chi si è interessato a quanto abbiamo fatto o ha seguito a distanza gli eventi che abbiamo raccontato in questo sito. TG



Per rileggere tutte le parti che compongono lo Special Basement Party Jesi.

Parte Prima. Come tutto è iniziato

Parte Seconda. La cultura della Birra

Parte Terza. Vita Sociale a Jesi

Parte Quarta. One Man Bleuz al TNT

Parte Quinta. Diego Bonci

Parte Sesta. Sabaprodaktion

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domenica 23 aprile 2017

Basement Party - the Story - I tatuatori

Al Basement Party si possono incontrare anche dei bravissimi tatuatori.


Gorana Gvozdenovic e Alessandro Turcio, 33 anni, di Homeward Tattoo.

Tony Graffio: Ciao Alessandro.

Alessandro Turcio: Ciao Tony Graffio.

TG: Mi dicono che tu sia di Roma.

Alessandro Turcio: Sono di Roma, ma sono cresciuto a Jesi. Dai 20 ai 30 anni ho vissuto a Roma, ma dopo sono tornato a Jesi dove, insieme a Gorana, la mia compagna, ho aperto Homeward Tattoo, uno studio di tatuaggi. Gorana non è una tatuatrice, ma è la manager del negozio, organizza e gestisce ogni cosa. E' lei la vera anima della mia attività. Io mi limito a tatuare.

TG: Wow! Come hai iniziato a fare questa attività?

Alessandro Turcio: Ho iniziato quando ero ancora a Roma, grazie ad un amico che era già in questo mondo. Avevo già questa passione fin da giovanissimo, grazie alla musica, allo skateboard e all'essere Punk ed a vivere un'esperienza diversa da quella in cui si trovava Jesi negli anni '90.

TG: Che tipo di tatuaggi fai?

Alessandro Turcio: Mi sono specializzato in un genere tradizionale anglosassone,americano e in tutto quello che rappresenta l'Old School del tatuaggio, un tipo di disegno occidentale dell'inizio del Novecento che proviene fondamentalmente dalla Marina e dal mondo militare; anche se io sicuramente faccio poco parte di quell'ambiente. Cavalco la moda ed il revival che c'è stato in questi anni, cosa che mi piace fare senza nessuna contaminazione moderna, ma come si lavorava una volta, con pochi colori, molto nero e linee decise.

TG: Usi le macchinette elettriche?

Alessandro Turcio: Ovviamente, uso le macchinette rigorosamente a bobina. Come si fa da più di 100 anni, usando quei quattro o cinque colori che caratterizzano molto il tratto.


I disegni di Booka esposti al Basement Party

TG: Quali sono i soggetti che ti chiedono più frequentemente? O sei tu che consigli il cliente?

Alessandro Turcio: Fortunatamente, anche qua in provincia, la gente viene da me perché è interessata al mio genere e si affida ai miei consigli. Possiamo facilmente trovare delle idee consultando la nostra biblioteca che conta tantissimi libri. Fondamentalmente, proponiamo il rifacimento di vecchi disegni di tatuatori che ormai sono tutti nell'altro mondo. Portiamo avanti una tradizione, anche in modo grezzo, se vuoi, ad ogni modo i soggetti preferiti sono i velieri, le ancore, gli animali, gli animali che lottano e soprattutto le donne e le donnine. Oltre che simboli d'amore e di speranza e amuleti.

TG: Tra i tuoi clienti ci sono più uomini o donne?

Alessandro Turcio: Entrambi i sessi. Sia uomini che donne si fanno tatuare figure di donne. Io sono un po' restio a tatuare l'immagine maschile sia addosso ad un pubblico di donne che di uomini. Diciamo che gli uomini non fanno parte di certi soggetti ed icone, se non in minima parte; mentre per i soggetti femminili è diverso.

A questo punto, interviene Gorana perché, probabilmente, dalla mia espressione si capisce che non ho per niente chiaro quello che voleva dire Alessandro.

Gorana: Sia le ragazze che i ragazzi si tatuano per lo più soggetti femminili... (interrotta da Alessandro)

Alessandro Turcio: Su queste vecchie tavole di 120 anni fa ci sono per lo più donne: piratesse, gheishe, donne nude e pin up di ogni genere, non ci sono uomini. Tolta qualche piccola eccezione. Ci siamo un po' dilungati in questa cosa che è un po' difficile da spiegare, comunque tra i soggetti donne sì, uomini no. Donne bellissime e uomini molto brutti e cattivi. (ride)


Un tatuaggio effettuato da Alessandro Turcio.

TG: Partecipi alle fiere del settore? Come fai a farti conoscere?

Alessandro Turcio: Ho avuto la fortuna di lavorare con gente che sta ai massimi livelli in Italia, come Luca Mamone e Enzo Ciorba che sono due pietre miliari del tatuaggio capitolino e nazionale. Grazie a loro, fin da giovanissimo ho lavorato con grandi nomi dell'ambiente del tatuaggio nazionale e d internazionale. Con mia grande soddisfazione, nell'ultimo anno sono andato due volte in America, piuttosto che in Europa per lavorare nelle fiere. Posso dire d'aver già lavorato parecchio.


Homeward Tattoo, Jesi.

TG: A che fiere hai partecipato in America?

Alessandro Turcio: Una in Pennsylvania ed una nello stato di New York; ho lavorato a Londra Barcellona, Amsterdam... Ho partecipato a fiere un po' ovunque.

Gorana: A fine mese andremo all'Expo Tattoo a Bologna, dal 31 marzo al 2 aprile.

TG: In studio tatui solo tu?

Alessandro Turcio: Io sono il proprietario, mi affiancano tre collaboratori, più un quarto ragazzo che sta iniziando questa carriera. Tutti e cinque questa sera stiamo esponendo qui al Basement Party.


Sul braccio di Mattia un tatuaggio tipico di Booka.

TG: Vogliamo citarli?

Alessandro Turcio: Certo. C'è Alessandro Giulioni, conosciuto come Booka, è un tatuatore marchigiano che lavora in vari studi; c'è Nicola Pacetti che è uno specialista del tatuaggio geometrico e di tutto quello che richiama il mandala ed il disegno sacro buddista/induista e lo stile del dot-work, i puntini; poi c'è Ohiana Añaños, una ragazza spagnola che vive nelle Marche già da una decina d'anni e da poco è parte del rooster dello studio; infine c'è Jacopo che è una nuova promessa che speriamo inizi presto ad inchiostrare più persone possibili.

TG: Avete parecchio lavoro allora?

Alessandro Turcio: Fortunatamente sì, anche se il lavoro non è mai abbastanza. Jesi è una piccola città, ma arriva gente da fuori, anche perché sono abbastanza conosciuto e mi vengono a trovare, sia da Roma che da tutta Italia. C'è chi visita Jesi per venire a tatuarsi all'Homeward, sembra paradossale, ma è così.


Booka e Mattia in una visione psichedelica di TG

Booka è un tipo molto interessante che conosce la vita della strada e mi ha raccontato cose sconvolgenti. Per evitare problemi mi ha chiesto di spegnere la registrazione audio mentre toccava argomenti un po' scottanti; purtroppo poi mi sono dimenticato di riavviare il registratore, pertanto adesso vi racconterò quello che mi ricordo di ciò che mi ha detto in quella serata fantastica in cui ha avuto luogo una delle più belle feste in cantina.
Prima però chiedo a Mattia, un amico di Booka perché si sente la necessità d'avere delle immagini sulla propria pelle.

Tony Graffio: Perché ci si tatua?

Mattia: Perché è bello!

TG: Ti piace lo stile indiano?

Mattia: Sì, ne ho uno anche qua dietro (mostra la schiena).

TG: Booka tu che genere prediligi?

Booka: Un genere tradizionale. A parte certe storie, il significato e cose così, secondo me il tatuaggio è una cosa che si fa perché poi la persona sta meglio e si sente più bella. E' una decorazione estetica. Se vai a ricercare troppo il significato, costruire storie e cose così, poi rischi di perdere qualcosa a livello estetico. E' più d'impatto un disegno semplice che 3000 concetti elaborati. Questo è un fenomeno talmente di tendenza che c'è un boom che porterà le generazioni successive alla nostra a non tatuarsi proprio. Poi forse si ritornerà a ricercare qualcosa che attiri l'attenzione su di sé, come il piercing. Ormai, il tatuaggio, oltre a dare l'illusione di poter fare dei soldi facilmente si mischia all'arte, però questa pratica non è arte, è artigianato. Bisogna conoscere bene la tecnica, sapere usare i materiali e sapere come si fanno le cose. Adesso c'è in atto questa truffa dei social network, ognuno vuole mostrarsi attraverso delle foto, tutto appare bello quando è appena fatto. Tutto è artistico, ma il tatuaggio devi continuare ad apprezzarlo con il passare del tempo. Deve mantenersi bene. E' un po' come comprare un tavolo o un mobile, quello fatto dal falegname è molto diverso da quello che trovi all'Ikea. Nel nostro ambiente c'è una selezione naturale tra chi lo fa veramente per passione e chi lo fa per moda. Anche tra i clienti c'è chi si fa un disegno ogni tanto per farsi vedere e chi invece torna spesso perché gli piace veramente. Tanto è' un mondo dell'apparire, c'è chi non va a mangiare fuori al ristorante per andare dall'estetista... Ti arrivano certi ragazzi, i pischelli, che hanno il problema dei peli... Abbiamo proprio perso i valori.

TG: In che senso hanno il problema dei peli?

Booka: E' un problema estetico legato all'apparire e all'essere sempre perfetti, vanno dall'estetista per depilarsi.

TG: Ah!

Booka: Pensano che devi essere come in una rivista di moda, sempre perfetto...

Mattia: Io preferisco farmi un tatuaggio che una serata potente. Mi farei tanti tatuaggi, hai voglia, mi riempirei tutto il corpo.

Booka: Ma no, è  come il giardinaggio. Al sabato non sai che cosa fare e ti fai un tatuaggio...

Mattia: Ognuno si rilassa a modo suo.

Booka: Ti rilassa anche il tatuaggio, perché a livello chimico, sopportando lo sforzo del tatuaggio, quando hai finito il tuo organismo produce il doppio delle endorfine. E' un po' come andare a correre. Ci sono persone inclini a questa pratica ed altre no.

Mattia: Io mi rilasso con il tatuaggio.


Said e Kira sono i cani di Booka e queste sono le sue falangi.

Alla fine, Booka consiglia di evitare di tatuarsi sulla faccia per non incorrere in controlli troppo frequenti da parte della polizia e di altre forze armate. Tatuarsi sul volto è una cosa che ha senso solo quando non resta nessun'altra parte del corpo libera. TG