venerdì 30 settembre 2016

Le donne viste dalle donne al Malafemme Indipendent Festival Volume 3°

"Se "Benessere" vuol dire fare lavori di merda ben venga la crisi che ci sprona a produrre arte e creatività." E.P.

Prendo spunto da questa frase, pronunciata lo scorso venerdì 23 settembre, serata d'apertura dei cancelli del FOA Boccaccio in via Rosmini, 11 a Monza, da una visitatrice del 3° Festival Femminile Indipendente dedicato all'arte, alla cultura, alla musica, al tatuaggio, alla moda e all'artigianato, per presentarvi alcune protagoniste di una due giorni di performance ed esposizioni che è stata apprezzatissima dal pubblico che sicuramente lascerà un bellissimo ed indelebile ricordo a tutte/i. TG


Tratto da "Uxoricidio" di Daniela Battinelli 
Technique: B/W digital photography

"Da secoli il corpo femminile viene rappresentato come un mero oggetto sessuale e il dilagante sessismo che lo denigra relega la donna ad un'inferiorità psicologica ed intellettuale.
L'opera d'arte si riscatta alla massima potenza da questa astrazione quando sono le artiste donne a dipingere altre donne.
Scevro da preconcetti e facili stereotipi, l'universo femminile viene esplorato in tutte le sue sfaccettature per sottolineare quanto non sia semplicemente un "soggetto" d'arte passiva, ma qualcosa che si afferma in quanto artefice dell'arte stessa, voce narrante che promuove la femminilità in tutte le sue declinazioni.
La donna dà spazio alla sua personalità ed alla sua sensibilità valorizzando la sua vera bellezza, ovvero il coraggio delle proprie scelte e la difesa dei propri diritti." Daniela Battinelli

Questo è il pensiero di una ragazza impegnata  non solo nell'affermazione della propria arte, ma anche di un'identità personale che spiega molto bene lo spirito del Malafemme Indipendent Festival. Oltre che con Daniela ho parlato con molte altre donne: Indignada Jones, una tattoo-graphic-artist che insieme a Silvia ha coordinato l'allestimento dello spazio utilizzato per le mostre d'arte mi ha guidato attraverso le mille sfaccettature di una manifestazione molto vivace e comunicativa.
Ecco cosa mi ha fatto capire.
Questo Festival ha permesso ad un collettivo spontaneo di ragazze molto creative e coraggiose di riunirsi e di ritrovarsi. Questa è la terza volta che capita, dopo gli appuntamenti di Cremona e Brescia, dando vita ad una situazione molto interessante in un clima molto amichevole e caloroso.
Partito un po' timidamente al C.s.a. Kavarna nel 2014, il Mala Femme alla sua seconda edizione, al Magazzino 47, si stava già consolidando come un momento di incontro e progettazione che è riuscito a mettere le basi ad una serie di appuntamenti tutti al femminile che si sono verificati anche quest'anno al FOA Boccaccio e speriamo continuino a ripetersi anche in futuro con la stessa riuscitissima formula.
Le artiste scaturiscono da una sorta di "gruppo madre" che ha avuto l'idea d'organizzare il Festival ogni anno in uno spazio diverso. Gruppo che ha comunque modo di frequentarsi e confrontarsi nel corso dell'anno in occasione d'eventi di vario tipo, facendo scaturire questa voglia di fare, principalmente dal piacere di stare insieme.
Tenendosi in contatto queste amiche elaborano idee alle quali ognuna risponde in modo da modellare e migliorare le proposte, al fine di arrivare ad un progetto attuativo che possa essere gradito a tutte. Altre artiste al di fuori di questo nucleo centrale che hanno voglia di confrontarsi e partecipare, si interessano e domandano di poter far parte del Festival con le proprie espressioni artistiche.
Oggi, non è semplice mettersi in mostra perché tutti fanno vedere di tutto, ma esporre ed esporsi è ancora per molte una decisione intima, non facile da trovare dentro se stesse ed in quegli angoli nascosti che permettono d'entrare veramente in sintonia con lo spirito di chi espone. 
Al Boccaccio ho trovato opere di un livello piuttosto alto e mi sono chiesto se ci sia una sorta di selezione per entrare in questo spazio. Mi è stato detto che non ci sono limiti o ostacoli che impediscano alle artiste di esprimere la loro spontaneità.
Una volta fissata la data dell'evento si aggregano molte ragazze, ma al momento di esporre capita spesso che qualcuno decida di rinunciare per motivi personali ed è così che la partecipazione si attesta ad un numero fisiologico nell'ordine di una grandezza che non è né troppo esagerata, né troppo esigua. Soltanto chi si sente davvero pronta ad esporsi in questo Festival entra poi a far parte del gruppo delle partecipanti.
Nessuno esclude nessuno, ma bisogna prendersi le proprie responsabilità perché non ci sarà poi chi si farà carico del lavoro altrui.
L'atmosfera generale è magica e molto intima e questo permette d'incontrare persone disponibili a parlare delle proprie esperienze e delle proprie creazioni, perché una volta che le ragazze hanno fatto il loro percorso di "autoanalisi" e maturazione sono pronte ad affrontare il pubblico  sentendosi finalmente sicure di loro stesse. 
In questo ambiente non c'è competizione, né pregiudizio, ognuna si sente libera di realizzare qualsiasi cosa possa immaginare. Non ci sono limiti, né censure non c'è un vero tema né un argomento comune, ma ho potuto constatare che l'affettività, i sentimenti e la sessualità sono discorsi che emergono in molte delle opere esposte. Questo non perché vengano date delle linee guida, ma perché evidentemente per molte artiste c'è la necessità di proporre argomenti di questo tipo, di riflettere e di far riflettere. Anche gli uomini.TG


Una delle Gigantesse di Petra Farioli
Technique: Oleoresin Colours

Petra Farioli affronta un percorso in onore alla confraternita dei Preraffaelliti che contrasta l'arte accademica in epoca Vittoriana cercando di riacquistare il senso etico dell'opera primitiva apportando alla stessa contenuti di modernità.
L'artista rievoca le antiche ed ermetiche figure di quelle donne che Beaudelaire chiamerà: "Le gigantesse".


Body Sex - Show Me
Technique: digital photography

"Sin quando recepiremo le nostre pulsioni come errori non riusciremo mai a conoscerci davvero, in fondo abbiamo tutti un'indole perversa. Esternare ciò che siamo permette di esternare aspetti di noi stessi che non avremmo mai potuto concepire, lasciamo il pudore a chi vive di paure." Cit.

giovedì 29 settembre 2016

L'arte contemporanea è un bluff?

L'opera d’arte contemporanea e l’opera d’arte "tradizionale": le quotazioni di mercato corrisponde al loro effettivo valore artistico? Ho posto queste ed altre domande all'amico e gallerista americano Joe Iannuzzi, per capire dove conviene investire e chi è il vero artista.

Siamo in tanti ad avere la "Scimmia dell'Arte" - Street-Art in via Cola Montano

Tony Graffio: Ciao Joe, non vorrei essere troppo brutale, ma ti devo confessare che da quando ci incontriamo per fare le nostre chiacchierate mi sto rendendo sempre più conto che nell'arte contemporanea è tutto solo una questione di business: se trovi un gruppo di investitori che lavorano in sinergia e sono capaci di farti raggiungere delle buone quotazioni riesci ad affermarti sul mercato dell’arte internazionale, indipendentemente da quelle che sono le tue effettive capacità professionali ed il tuo valore artistico?

Joe Iannuzzi: La risposta alla tua lunga domanda non può che essere: sì, certamente è come tu dici ma… Tutto ciò vale nel breve periodo: qualche mese, un anno, dieci anni… Poi però alla lunga i veri innovatori/ricercatori e i veri rappresentanti di un determinato periodo storico rimangono nel mercato e nella storia; gli altri scompaiono. Il valore artistico e il prezzo delle opere di un determinato artista non sempre corrispondono, si sa.

T.G.: Chi sono questi “imprenditori” un po’ mecenati un po’ filibustieri che investono su un artista per ricavarne un guadagno? E perché lo fanno? Per amore dell’arte?

J.I.: Chi ha molti soldi è normale che tenda a diversificare il proprio patrimonio. Le recenti crisi economiche hanno portato a una perdita di fiducia nelle “asset class finanziarie”, con conseguente spostamento del denaro in investimenti alternativi: il mercato dell’arte è uno di questi settori dove si può diversificare il proprio intervento economico. Galleristi, fondazioni, importanti e famosi collezionisti non vanno viste come figure negative del mondo dell'arte. Fare impresa in campo artistico non è reato, poi che lo si faccia per amore dell’arte o solo per guadagnare dipende dall'imprenditore. Le dinamiche del mercato finanziario piuttosto che immobiliare posso essere accomunate al mercato dell’arte, logicamente con i relativi distinguo.

T.G.: A cosa ti riferisci?

J.I.: Gli imprenditori di cui tu parli vanno incontro a tre tipi di rischio nel mercato dell’arte: il rischio strutturale, quello specifico e quello soggettivo.

T.G.: Spiegati meglio.

J.I.: L’arte è un bene superfluo, vi è poca trasparenza del mercato, è un mercato frammentato, pochi “gestori” determinano l’andamento del gusto, le legislazioni e tassazioni sono diverse da paese a paese. Possiamo poi dire che ci può anche essere qualche incertezza sull'autenticità, sulla datazione e sulla conservazione delle opere. Vi sono tempi lunghi nelle liquidazioni delle medesime, con alti costi: pensa alle aste dove dal 30% al 40% del valore del bene va in commissioni. Con le opere d’arte puoi avere anche rischi di trasporto e problemi di esportazione/importazione.Per ultimo, c'è il rischio soggettivo: l’arte può essere usata solo come diversificazione patrimoniale, può essere scelta solo come integrazione dell’arredamento, si è portati a cercare di far convivere un interesse personale con la possibilità di un efficace investimento (e ciò non sempre avviene).

T.G.: Parlavi di legislazioni e tassazioni: è vero che nel mondo, in Europa e forse anche in Italia è permesso/consentito/tollerato effettuare delle transazioni finanziarie nel mondo dell’arte che permettono di evitare di pagare tasse/iva o altri balzelli? Il Mercato dell’arte è utilizzato per rimettere in circolazione denaro contante senza troppi problemi burocratici e amministrativi?

J.I.: Probabilmente si, queste dinamiche possono verificarsi, tieni conto che se vengono rispettate le legislazioni dei singoli stati non vi è nulla di illegale. In Italia, che io sappia, la maggior parte delle gallerie lavora con il regime dei margini, poi per altre informazioni fiscali dovresti informarti presso un commercialista. Per quanto riguarda lo scambio tra privati non vi è tassazione poiché le opere d'arte sono accomunate ad oggetti usati.

T.G.: Non trovi che questo sistema finisca con lo svilire il vero artista e favorire le nullità che dietro a pseudo-idee concettuali di bassa lega applicano soluzioni industriali ad un ambiente che in epoche diverse si basava su tecniche molto complesse tramandate di padre in figlio (Molto difficilmente riproducibili dagli estranei poiché erano segreti professionali che spesso gli artisti si portavano nella tomba piuttosto che divulgarli ai loro concorrenti)?

J.I.: No qui non sono d’accordo con quel che dici. Chi è il vero artista? C’è una giuria che lo stabilisce come nei programmi di cucina? L’arte è un linguaggio: ogni artista deve trovare il suo; rispetto al passato non ha importanza se l’artista sia capace o meno di eseguire lui stesso l’opera per definirsi artista. Pensa a Andy Warhol. Per tutti è l’artista per antonomasia. Come ben sai c’era la Factory dove i suoi collaboratori producevano le opere. Se vuoi parlare dei giorni nostri, pensa a Damien Hirst, anche lui ha una notevole quantità di personale che lavora per realizzare le sue opere. Anche in passato era così: gli artisti di scuola aiutavano il grande maestro a realizzare la sua opera. Michelangelo aveva diversi assistenti e spesso addirittura li sostituiva con altri nuovi. L’idea, il concetto sono fondamentali, poi chi lo realizza è logico che sappia di tecnica ma non necessariamente deve essere l’artista medesimo. Pensa ad Alighiero Boetti, quasi la totalità delle sue opere (gli arazzi, le mappe) sono state realizzate in Afganistan dalle donne del posto. Questo non toglie alcun valore artistico alle sue idee, anzi.

T.G.: Ultimamente, stiamo assistendo sempre più spesso alla vendita di opere di artisti, nemmeno tanto maturi, che hanno venduto delle opere ai prezzi di un Degas, o perfino superiori. Un indefinibile Cattelan (ma non necessariamente lui) è veramente più bravo di un impressionista? Queste valutazioni verranno confermate anche in futuro o c'è il rischio di trovaci di fronte a grosse sorprese?

J.I.: Esattamente come nel mercato finanziario si formano le così dette “bolle” e lo stesso avviene nel mercato dell’arte: probabilmente l’esempio che tu fai è molto suggestivo. Quando c’è bassa conoscenza ed alta emozionalità non può che verificarsi la bolla speculativa, Hirst e Cattelan ne sono i possibili esempi, ma se il loro valore è duraturo, solo il tempo ce lo potrà confermare. Come ti ho già detto, l’arte contemporanea deve essere l’espressione del momento sociale, culturale e storico in cui viviamo: cosa meglio di un ”cesso” fatto d’oro dal titolo “America” puoi immaginare per esprimere l'attuale metafora del mondo in cui viviamo?

T.G.: Quando il mercato dell’arte ha cambiato strada ed è diventato un'alternativa alla borsa valori?

J.I.: Da quando ci sono le crisi finanziarie in borsa... (ride). Ricordati, la parola d’ordine è diversificare.

T.G.: Qual è la responsabilità degli americani, nel dopoguerra, nel dare peso all'astrattismo a scapito del figurativo e nel trasformare le “belle arti” in idee concettuali che ripudiano la bellezza?

J.I.: Più che altro, direi che noi americani diamo forza ai nostri artisti in generale, a partire dalla Pop-Art ai giorni nostri. Per dirtene una, nel 1965 al MOMA fu fatta una mostra, “The Responsive Eye”, basata sull'arte ottico-cinetica e programmata. Sarebbe stato bello e interessante nel cinquantesimo anniversario riproporre una mostra commemorativa… E invece non se n'è fatto nulla. Sai perché?

T.G.: Credo di saperlo, ma dimmi pure...

J.I: Di artisti americani veri e propri in quella mostra ce ne erano pochissimi e quindi nessuno ha voluto tirare la volata ai ciclisti della squadra avversa. Capisci Tony?

T.G.: Sì perfettamente, ad ogni modo, gli americani sono stati molto in gamba nel proporre la loro arte. Secondo te, Peggy Guggenheim era un genio o una donna molto influente con tanto denaro da spendere?

J.I.: Entrambe le cose Tony e poi era una persona che sapeva godersi la vita.

T.G: Anche su questo siamo d'accordo, è solo sull'idea di cos'è l'arte che ci scontriamo... Le arti visive contemporanee per te sono il riflesso dei tempi o solo un espediente per fare della speculazione finanziaria?

J.I.: Entrambe le cose, ma rispetto al passato l’arte è vissuta solo da un pubblico di nicchia, un'élite. Forse per questo tu ed io a volte non ci capiamo, tu la consideri una forma didascalica che possa essere d'aiuto alla crescita culturale del popolo, ma non è così. L'arte non si rivolge più a tutti; per quello esistono altre forme di comunicazione, come il cinema, la televisione o il fumetto. Probabilmente, moltissime persone, al tempo di Michelangelo a Roma e non solo lì, avevano visto le sue opere e conoscevano il Maestro. Oggi questo non vale per gli artisti contemporanei (se non per rare eccezioni), le stars di oggi sono attori famosi e in Italia i calciatori.

T.G.: E’ tutto un bluff? E’ tutto pilotato o c’è qualcosa che sfugge alle logiche del business?

J.I.: Ricordati Tony che nel mercato dell’arte nulla succede per caso, è un mercato molto finto, ma girano soldi veri. (ride di gusto). Pochi ricchi e potenti decidono per tutti. Così era in passato quando i papi commissionavano le opere; poi con l'impressionismo i borghesi pagavano e si portavano a casa le opere. Così è oggi e lo stesso accadrà anche domani.

T.G.: Un Michelangelo che cosa ha da imparare da un Kiefer?

J.I.: Nulla, il primo è morto.

T.G.: Sì, lo so, intendevo dire se c'è qualcosa, a livello di marketing, che oggi fa sopravvalutare quei bravi artisti che tuttavia non mi sembrano essere dei geni assoluti.

J.I.: Il mondo è molto cambiato, è vero, non ci si può opporre al progresso.

T.G.: Non sei d’accordo se dico che un artista “classico” ha delle capacità professionali e pratiche che negli artisti contemporanei vengono totalmente sopperite con il marketing?

J.I.: No, non sono d’accordo.

T.G.: In altre parole, l’arte contemporanea è solo marketing?

J.I No. Il marketing è sicuramente fondamentale, oltre alla comunicazione, per un artista dei nostri giorni, ma non basta.

T.G.: Un Christo è superiore ad un Michelangelo solo perché Michelangelo non è in vendita?

J.I: Si tratta di realtà molto diverse tra loro: non puoi paragonare artisti del passato con quelli contemporanei, ognuno ha vissuto nel proprio periodo storico, ognuno è figlio del proprio tempo e di conseguenza anche il tipo d’arte che viene prodotta è molto diversa.

T.G.: Si può essere artisti nel 2016 se non si vende niente?

J.I.: No. L’artista è un professionista e per molti aspetti anche un imprenditore.

T.G.: E’ meglio vendere un quadro a 80 euro o è meglio non vendere niente?

J.I.: Non è il prezzo di un opera che fa sì che questa sia arte o meno.

T.G.: Anche 100 anni fa per farsi conoscere e farsi degli amici era buona norma regalare le proprie opere ai musei, ai curatori e ai giornalisti?

J.I.: Immagino di sì.

T.G.: Cosa mi puoi dire dell’antiquariato e del design, che rapporti hanno con l’arte contemporanea?

J.I.: L’antiquariato è sempre più per “pochi nostalgici”, il design invece è sempre più scambiato e quotato, vedo molte aste in giro per il mondo. Come mi disse un amico e famoso artista Italiano (Davide Boriani) Il designer ha un problema e deve risolverlo; L’artista si crea un problema per poi trovare la soluzione (sorride).

T.G.: Qual'è il rapporto tra la moda e l’arte?

J.I.: La moda ruba, copia a mani basse nel campo dell’arte, potrei farti infiniti esempi: dai vestiti con disegni optical a quelli minimalisti, etc.

T.G.: E’ l’arte che influenza la politica attuale o è più la politica ad influenzare l’arte contemporanea?

J.I.: L’arte è molto spesso come una fotografia della società in cui stiamo vivendo, l’arte è un “metalinguaggio” che coglie l’essenza del nostro tempo.

T.G.: Qual è il più grosso segreto dell’arte contemporanea che tutti conoscono e che nessuno vuol pronunciare?

J.I.: L’arte è una cosa che non serve a nulla ma che dà immensa felicità (quando la dà).

T.G Su 100 artisti di buon livello dei nostri giorni, quanti ne verranno ricordati fra 50 anni?

J.I.: Non saprei, probabilmente meno di dieci.

T.G.: Tu tratti solo Arte contemporanea? Perché?

J.I.: Sì, dà più margini di profitto ed è più stimolante, è qualcosa di più vivo è qualcosa ancora in divenire che ha un che di misterioso.

T.G.: E’ più facile vendere un Aubertin o un Morandi? Perché?

J.I.: Entrambi in questo momento sono richiesti, ma le cifre in gioco sono ben diverse come tu ben sai.

T.G.: Verranno ridiscussi sia gli artisti "classici" che quelli moderni? Chi tra loro è apprezzato adesso, lo sarà anche in futuro?

J.I.: Ormai la storia è scritta per gli artisti classici e moderni, a parte rarissimi casi quello che è oggi nei libri rimarrà anche in futuro.

T.G Qual'è un investimento a prova di rischi? Un Mondrian o un Francis Bacon?

J.I.: Entrambi.

T.G.: Arte e finanza diventeranno una cosa sola?

J.I.: Lo sono già.

Il cesso d'oro di Maurizio Cattelan
L'arte contemporanea ed il mondo attuale stanno andando nella stessa direzione.  TG
(In fotografia: America di Maurizio Cattelan)

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domenica 25 settembre 2016

Passione Vinilica (Mini-inchiesta nel mondo del collezionismo dei dischi a microsolco)

Novegro Expo Vinile
Caterina Caselli, Donatella Rettore, Little Tony, Mina, Carmen Villani, Giorgio Gaber, musica italiana degli anni '60, anni '70, anni '80, Rock, Jazz, Funky, Punk, Hardcore italiano e pezzi rarissimi. Alla fiera del Vinile di Novegro si trova di tutto.

"Il prodotto audio o visivo è potentissimo. Il desiderio dei popoli dei paesi al di là della Cortina di Ferro di condividere la cultura e lo stile di vita europeo, e soprattutto la passione sfrenata per i Beatles, hanno contribuito pesantemente nel processo di sgretolamento dell'Unione Sovietica e dell'ideologia comunista." TG

W il Vinile
Ultimamente, sia tra coloro che hanno fatto uso dei dischi analogici tradizionali e tra gli audiofili nati dopo l'avvento del Compact Disc, s'è risvegliato un discreto interesse per la ricerca e l'ascolto dei vecchi dischi a 33 e a 45 giri.
Non si tratta tanto di snobismo verso forme di tecnologie più recenti, ma di una passione per un oggetto che a chi ha vissuto l'epoca del giradischi riporta alla memoria i bei tempi andati, mentre ai più giovani fa apprezzare la bellezza di un supporto di formato più grande sul quale spesso venivano realizzati dei veri capolavori di grafica. Adesso, molti gruppi musicali scelgono di accompagnare i file digitali ad un'edizione vinilica dell'ultima fatica creativa, perché avere tra le mani un oggetto-feticcio è pur sempre una bella soddisfazione per tutti e porta il fruitore del prodotto musicale a sacralizzare il momento dell'ascolto, dando più valore al lavoro degli artisti. Ci sono anche gruppi post-punk o di altri generi più attuali che decidono di stampare un Long Playng tradizionale in una tiratura che può andare dalle 100 alle 500 copie. Per ragioni di contenimento dei prezzi ed estetiche, anziché alla stampa tipografica della copertina ricorrono poi alla stampa serigrafica impreziosendo ulteriormente un prodotto di nicchia facendolo diventare una piccola opera d'arte in serie limitata che in poco tempo può trasformarsi in oggetto di culto e da collezione. Non solo per la rarità del pezzo, ma anche per le tecniche utilizzate, i colori e le scelte grafiche. In alcuni casi il disco stesso viene serigrafato su un solo lato, o viene accompagnato da gadget come magliette, sempre serigrafate a mano, o da altri mezzi che veicolano il marchio della band o del disco.
Questo però è un discorso molto vasto e particolare, non semplice da sviluppare in poche righe ed in un contesto che già è abbastanza ampio, come quello del disco di vinile e delle cerchie di collezionisti che operano in questo settore. Ho iniziato da qualche mese a contattare laboratori artistici di serigrafia per capire che possibilità offrano a chi è interessato a proporre un prodotto artistico e culturale unico, ma in questa pagina mi limiterò a raccontarvi che cos'è un disco di PVC e perché suscita tanto interesse nei collezionisti.


Guido Crapanzano Love in Portofino
Guido Crapanzano, classe 1938 è ancora un uomo d'oro. Nel 1965 ha aperto i concerti italiani dei Beatles che diventati suoi amici lo andarono a trovare anche in Grecia dove aveva un'attività turistica, mentre più recentemente è diventato un esperto di monete preziose e finanza. Un suo EP del 1959 può valere 60 euro.

La seconda fiera più importante d'Europa
Vinilmania, a Novegro, è stata per anni la fiera del disco più importante d'Europa, qui si ritrovavano collezionisti, appassionati, deejay, negozianti, venditori occasionali e maniaci provenienti un po' dappertutto. Milano è stata per anni la capitale dell'industria discografica italiana, pertanto non stupisce che ancora oggi nei dintorni di questa città ci sia chi è in grado di produrre gli ultimi dischi di vinile per un numero di clienti che spesso devono mettersi in attesa per mesi, prima di poter veder realizzato il loro  sogno a 33 giri.
Lo scorso maggio, sono andato a Novegro Vinile Expo, l'appuntamento fieristico organizzato da Comis Lombardia che ha preso il posto di Vinilmania, per parlare con Sina, responsabile dell'evento, con gli appassionati ed i commercianti storici del settore. Da soli due anni (2015 e 2016) Comis Lombardia sta tenendo in piedi la passione degli espositori e dei visitatori di Novegro Expo Vinile. Nell'ultima edizione, gli espositori sono aumentati di numero arrivando a 130 presenze. Alcuni espositori arrivano dall'Austria, dalla Germania, dal Regno Unito, dalla Svizzera e dalla Francia. Nella prossima edizione prevista per il 22 e 23 ottobre 2016 saranno attesi un maggior numero di espositori provenienti anche da altre nazioni. Lo scambio con l'estero è molto proficuo perché ci sono canzoni che non interessano gli italiani, ma vendono all'estero e vice versa. L'evento è proposto in tre edizioni all'anno: febbraio, maggio e ottobre su un area di circa 3000 metri quadrati. Lo stand base più piccolo ha un costo di 210 euro, Iva compresa per i due giorni dell'esposizione.

Chi sono i collezionisti e che cosa cercano
Chi viene a questa fiera non lo fa soltanto per la musica, ma anche per trovare un oggetto particolare; molti dischi, in realtà non verranno neppure estratti dalla copertina per preservarli dai graffi e dal consumo dei solchi.
Spesso, chi viene in fiera ricerca dischi non facilmente reperibili come quelli dei vecchi cantanti italiani che hanno pubblicato all'estero, cosa che colloca questi visitatori tra i collezionisti puri, ma ci sono anche altri tip di pubblico, come coloro che si definiscono dei "raccoglitori", più che dei collezionisti. 
Il collezionista tende ad accaparrarsi tutto quello che fa parte della produzione, variazioni di copertine, e dei memorabilia dei propri beniamini; mentre il cosiddetto "raccoglitore" è colui che forse ama maggiormente la musica e ricerca le esecuzioni migliori, sempre limitando il proprio campo d'azione ad un determinato tipo di suono o filone artistico. C'è chi si concentra intorno ad un determinato periodo, come potrebbe essere quello dei primi anni d'esordio di un cantante molto noto che può perfino cambiare stile per il fatto che l'arrangiatore (produttore musicale) viene sostituito. Qualcuno, per esempio, che ascoltava Gianni Morandi quando Morricone ne curava gli arrangiamenti, non segue più il cantante in questione, una volta che l'arrangiatore lascia la RCA. Il collezionista puro invece non guarda queste importanti sottigliezze e una volta che si dedica ad un certo nome compra tutto quello che riguarda quell'autore. 
Ovviamente, anche per motivi di contenimento della spesa economica, molti cercano di delimitare il loro raggio d'azione dandosi delle tematiche o dei periodi storici ben precisi da seguire. Le annate d'oro della produzione discografia italiana vanno  dal 1963 al 1967 ed è questo un momento preso a riferimento da molti appassionati. Oltre alle melodie ed agli arrangiamenti, nel corso degli anni cambiano anche le ritmiche. Un periodo molto fecondo per gli autori delle colonne sonore si è avuto verso la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, anni in cui c'è stata forse la miglior produzione musicale strumentale.
Alcuni collezionisti si dedicano soltanto ad un tipo di genere musicale o ad uno specifico filone d'interesse che può riguardare un artista, le orchestre, le grafiche, o altri fattori capaci di stuzzicarne la fantasia e la smania di possesso. C'è chi si preoccupa già adesso per la propria forma d'investimento e parla con gli standisti presenti a Novegro per tastare il polso al mercato o provare a farsi rassicurare sulle proprie piccole o grandi follie economiche. Chi ha speso una vita a comprare dischi in perfette condizioni, con una spesa media di 20 euro per i 45 giri, si preoccupa che al momento di cedere l'intera collezione potrebbe essere difficile trovare l'appassionato che condivide al 100% le proprie pazzie e soprattutto i propri gusti.

Silvano Mattei cantante
Se tu Bambina - Silvano Mattei - Durium

Sento parlare di Silvano Mattei, un cantante italiano a me sconosciuto che suscita l'entusiasmo di Andrea, un collezionista romano che ha appena comprato un suo 45 giri. Mi confermano che Silvano Mattei, suonando per una certa etichetta discografica (Durium) e con una buona orchestra, pur non avendo lasciato grandi tracce di sé doveva essere un artista di valore, proprio perché aveva avuto a che fare con nomi ed etichette di prestigio del panorama discografico italiano. 


Ragazzi D'agosto Silvano Mattei cantante
Silvano Mattei - Ragazzi d'agosto

Molti appassionati ragionano in questi termini e raccolgono pezzi interessanti, riscoprendo autori e interpreti di un passato che sembra essersi perduto nei meandri di dimensioni parallele rimaste inesplorate ai più. Bisogna conoscere quello a cui ci si accosta e per poterlo fare, ci vuole esperienza e colpo d'occhio; anche se può essere divertente anche effettuare degli acquisti al buio, lasciandosi ispirare da nomi già conosciuti o anche soltanto dalla grafica di una copertina. Tra questi personaggi che frequentano mercatini e fiere in giro per l'Italia o l'Europa chi possiede 2000 dischi è quasi soltanto un neofita. Esistono etichette poco conosciute e poco ricercate, come la Sibilla Records, mentre per quelle più prestigiose lavoravano i grandi direttori d'orchestra, come Ennio Morricone (RCA), Gianni Ferrio, Stelvio Cipriani, Piero Umiliani, Piero Piccioni, Gianfranco Monaldi (alla CGD), o Ezio Leoni e Giulio Libano (alla Jolly) e Luis Bacalov (Cam Jazz), nomi che il mondo intero conosce ed apprezza a scatola chiusa. L'arrangiamento musicale fatto ad arte è un altro punto di forza molto apprezzato dal fine conoscitore dei brani originali e dei direttori d'orchestra, spesso le parole non contano di fronte al virtuosismo di saper trovare soluzioni divertenti a canzonette basiche nella struttura dei testi. L'ingegno musicale si può manifestare in modi modi ed i grandi arrangiatori degli anni '60 e '70 sapevano trasformare un brano qualunque in un successo commerciale sulla bocca di tutti. Oggi, naturalmente, non ci sono più questi geni (Non dimentichiamo che Morricone ha arrangiato "Abbronzatissima"che di per sé non era certo un capolavoro..., mentre il grande Maestro romano ha saputo inventare il crescendo dell'orchestra, il colpo di voce di Edoardo Vianello, sul fucile e gli occhiali), non ci sono più le orchestre e non ci sono più nemmeno i dischi, per questo il vero intenditore di musica guarda al passato per poter continuare a coltivare la propria passione.


Fulvio Beretta, un noto collezionista bergamasco di musica italiana anni '60

I dischi degli autori più famosi, o delle cover sono stati ristampati anche in CD, mentre i cantanti meno noti o le versioni più particolari di un'esecuzioni sono ancora adesso stampate solo su vinile e fruibili solo su questo tipo di supporto. La qualità dell'impianto di riproduzione era relativa, anche in considerazione del fatto che molte registrazioni erano mono. Le condizioni di conservazione del disco e della copertina sono molto importanti per il valore commerciale dei pezzi collezionati, l'intenditore, generalmente predilige i dischi in condizioni Mint (come nuovo) o Excellent. Il collezionista, non deve essere un metodico, ma un curioso che spesso è attirato anche da quello che non conosce per il piacere, o l'azzardo, di poter scoprire qualcosa di nuovo e di valore.

I più ricercati
Lucio Battisti ha venduto decine di milioni di dischi, ma i suoi primi due singoli sono rari e valgono sui 2000 euro.
Un suo autografo vale intorno ai 1200-1300 euro. Battisti è sempre stato avaro nel concedere interviste ed autografi. Insieme ai Beatles è tra gli autori più collezionati anche perché al momento di rivendere una collezione è facile riprendere i propri soldi e trarne forse anche un guadagno.
I Beatles hanno un grandissimo numero di estimatori e sono ancora oggi una delle band più amate di sempre; è normale che i collezionisti facciano pazzie per i pezzi più rari e significativi dei Fab Four


Il disco del Natale del 1965 dei Beatles

Maurizio di Muggiò ha 52 anni ed è appassionato dei Beatles da 40; è riuscito a trovare il disco di Natale del 1965 e me lo mostra con orgoglio perché in Italia ce ne sono pochi. Ha dovuto cannibalizzare due dischi per ottenerne uno in ottime condizioni, prendendo la copertina perfetta e la lettera da una copia ed il disco da un'altra. Resto abbastanza sorpreso di vedere come a distanza di più di 50 anni si riesca a trovare qualcosa ancora semi-nuovo. Un pezzo del genere può valere anche intorno ai 1500 euro, del resto si sa che ne sono stampati soltanto 1000 copie.


Un'altra rarità della Apple

Il collezionista non si accontenta di avere tutto, spesso possiede più copie dello stesso disco perché se poi desidera fare degli scambi o ascoltare i brani senza toccare i dischi perfetti evitando così di consumare o sgualcire i pezzi più preziosi. Con un po' di tristezza nella voce, Maurizio mi confessa che ormai non frequenta molto i ritrovi, le fiere e i musei perché ormai è arrivato alla fine della sua collezione: non ha più nulla da desiderare o da ricercare, ha tutto, tranne qualcosa che può comparire all'improvviso con qualche errore di stampa. Un altro collezionista mi conferma che una volta qualcuno ha pubblicato un disco con un errore veramente grave, anziché scrivere John Lennon aveva scritto Jack Lennon... Per avere quel disco con il nome errato bisogna sborsare sui 500 euro. 


Maurizio è un tecnico del suono con la passione per i Beatles

Scopro che a Maurizio mancano ancora due album di prima stampa dei Beatles, pertanto ogni tanto frequenta Novegro ed altre fiere dove può incontrare collezionisti e venditori. Finalmente, prima di salutarmi, il mio interlocutore ammette che quasi quasi gli dispiacerebbe trovare quello che gli manca. Una curiosità: la confezione da piazzare nell'espositore del negozio, completa di buco e nastrino verde.


Un disco dei Beatle + altri 3 della Apple da esporre in negozio tramite un paio di forellini nella confezione

Analogico o digitale?
Come sorpresa finale Maurizio mi dice che è un tecnico del suono professionista, così gli chiedo se lui preferisca l'audio digitale o quello analogico, visto che ha lavorato con entrambe le apparecchiature. Naturalmente, mi conferma che il CD ha una qualità superiore al disco di vinile, ma se a qualcuno piace il suono del vinile, con tutti i sui difetti, c'è poco da fare, anche se dopo qualche ascolto la dinamica del disco cambia ed entrano dei rumori indesiderati. Insomma, la caratteristica del suono analogico è data dal suo difetto di riproduzione, pur essendo gradevole all'ascolto. Il nastro poi si comporta in maniera ancora diversa, rispetto al vinile. L'analogico ha una banda passante limitata dai vari passaggi delle lavorazioni; alte e basse frequenze vengono limate per esigenze di prolungare la vita dei cutter (le punte che incidono il vinile) e contenere le spese di produzione. L'analogico è un suono che riporta all'infanzia o alla giovinezza l'ascoltatore che ha vissuto i bei vecchi tempi analogici e dà la soddisfazione di avere qualcosa da rigirare tra le mani e da guardare. 


François con uno dei suoi dischi preferiti. "Please warm my Weiner" degli Hokum con copertina realizzata da Robert Crumb può valere molto.

Il commerciante francese
François viene da Parigi, ha 61 anni e faceva il professore di letteratura francese, ha iniziato ad appassionarsi ai dischi di vinile nel 1997 cercando la musica che gli piaceva, fino a raccogliere un gran numero di dischi e a decidere di diventare un venditore. Prima ascoltava CD, in seguito si è dedicato al vinile, ma precisa che lui è uno dei pochi presenti a non essere un collezionista. Ascolta musica tutto il giorno, ma non tiene niente per se stesso. E' un amante della musica, non un amate dell'oggetto. Anche lui mi conferma che molti collezionisti non ascoltano nemmeno i propri dischi e li conservano sigillati, praticamente nuovi al 100%. François non vende un disco se prima non l'ha ascoltato. Ascolta di tutto, ma predilige il jazz, John Coltrane e la musica classica indiana. E' interessante vedere quante tipologie di appassionati si possano incontrare in questi posti. Milano era la prima fiera in Europa in questo settore, ma negli ultimi tempi la fiera di Utrecht in Olanda è diventata più prestigiosa e garantisce un maggiore giro d'affari. Prima di accomiatarsi mi consiglia un sito molto completo dove poter trovare informazioni e dischi da acquistare, si chiama:  discogs.com


Italo Gnocchi

L'ex discografico
Italo Gnocchi ha 64 anni, vive a Peschiera Borromeo e fino a 5 anni fa aveva una sua etichetta discografica che si chiamava On Sale Music e produceva CD di rarità di gruppi italiani degli anni '60 e primi anni '70. Ha sempre avuto la mania del vinile, i suoi artisti preferiti, neanche a farlo apposta, sono Lucio Battisti ed i Beatles. Ha circa 25000 dischi nella sua collezione e come molti altri vende soltanto i doppioni o i titoli che non lo interessano davvero.


Tanta musica italiana a Vinile Expo vinile e poca musica classica

Organizza mostre in tutta Italia di dischi, manifesti, fotografie ed altri memorabilia. Da quando è in pensione si diverte a partecipare a qualche fiera del disco e collabora come consulente per chi lo interpella. Per Sorrisi e Canzoni TV ha lavorato alla pubblicazione dei CD di Battisti, per la Sar ha preparato 4 CD del Rock & Roll italiano, mi conferma che il collezionista di dischi di vinile è un personaggio abbastanza folle perché è capace di spendere un mucchio di soldi anche in momenti non molto buoni, economicamente parlando. Il collezionista è un fanatico capace di scambiare 50 dischi buoni con un disco che interessa solo a lui. 
Internet ha avuto uno strano effetto sul mercato del collezionismo perché ha portato gente con poche competenze a chiedere somme assurde per dischi molto comuni e viceversa ha portato altre persone a disfarsi per pochi soldi di dischi di pregio. Nelle fiere è più facile incontrare persone competenti e veramente appassionate del settore musicale che trattano, vendono, acquistano e parlano amichevolmente. 


Le canzoni dei Barbapapà cantate da Orietta Berti e Claudio Lippi

Resto abbastanza stupito nel vedere su un banchetto di un venditore un LP con la copertina gialla con l'immagine dei Barbapapà a 60 euro. Chiedo delucidazioni a Italo che mi spiega che se i brani sono interpretati da Roberto Vecchioni il disco è ricercato dagli adulti, mentre se è un'altra versione, un prezzo più equo sarebbe intorno ai 30 euro. Tra le colonne sonore dei cartoni animati giapponesi anni '70 ci sono dischi che valgono perfino 250 euro, tipo Yattaman e sono ricercati da 40 - 45enni che si ricordano di quando sentivano le sigle dei loro personaggi preferiti. Non si tratta di un tipo di collezione musicalmente molto significativa, ma affettivamente, anche quella ha un senso. Un po' come ci sono altre persone che collezionano le copertine dei dischi fatte solo da un certo disegnatore: ci sono tanti motivi che ti spingono a collezionare qualcosa, un po' come accade nel mondo dei fumetti. I dischi interessanti ormai hanno intorno ai 50 anni, è vero che sono delicati, ma se sono tenuti bene i dischi sono eterni.


C'è chi spera sempre di trovare qualcosa di nuovo tra le bancarelle dei 45 giri esposti a Novegro

L'aneddoto
In passato, Italo Gnocchi collaborando per una trasmissione di rai due di Michele Bovi ha conosciuto la giornalista Franca Borasio quando lei era già gravemente malata. Franca aveva intervistato Jimi Hendrix a Roma nel 1968 ed aveva un suo autografo. Quando Franca è mancata, la figlia ha avvisato Italo che era diventato molto amico della donna, invitandolo a cercare l'autografo di Hendrix in mezzo ai libri e permettendogli di portare via i dischi che gli interessavano, ma Italo ha rifiutato questa offerta perché non ha avuto il coraggio di frugare tra le cose personali di una persona che non c'era più. Tra le altre interviste fatte da Franca Borasio ce n'era anche una fatta a Battisti che è stata poi ritrovata da Italo in un vecchio numero di "Bolero".


 Pronto chi sparla di Franca Borasio 
(Articolo che fa parte della collezione di Italo Gnocchi)

Lucio Battisti vincitore del Festivalbar del 1969 e Romina Power vincitrice del Disco Verde. Italo Gnocchi, oltre a quella dalla quale ha tratto queste immagini, ha altre 500 riviste che parlano di Lucio Battisti e anche l'autografo.

L'intervista a Lucio Battisti di Franca Borasio è una delle rare interviste concesse dal cantante di Poggio Bustone

L'esibizionista
Tra i tanti collezionisti c'è anche l'esibizionista, colui che compra di tutto a poco prezzo, solo per mostrare agli altri di avere tanti dischi. Non è il vero collezionista, ma è una tipologia di maniaco che esiste e contribuisce comunque a diffondere la passione per il vinile.


I Goblin, un gruppo di rock progressivo anni '70 hanno avuto una grande fama in Italia per aver scritto le musiche per alcuni film di Dario Argento e per altri registi amanti del genere Horror.

Le ristampe
Ultimamente molti dischi vengono ristampati, sia perché gli originali sono rari, come ad esempio i primissimi 45 giri di Franco Battiato su etichetta Jolly che possono valere anche 500 euro, sia perché qualcuno vuole ancora ascoltarli. La ristampa può costare 15 o 20 euro; di recente sono stati ripubblicati anche i Goblin con Profondo Rosso e altre colonne sonore, non si tratta di dischi rari, però evidentemente vedere dei dischi nuovi fiammanti sugli scaffali spinge qualcuno a comprarli e magari a collezionarli, perché non a tutti piace l'usato. Anche se ormai praticamente tutto è stato stampato anche in CD. Capita che la maggior parte della gente ascolti la musica in CD e poi collezioni il Vinile. Molti che temono di danneggiare il disco, lo ascoltano una volta riversandolo su CD e poi ascoltano la copia digitale con i difetti dell'analogico. Effettivamente questo mondo del collezionismo è molto particolare...

Come suona il vinile
Molti sono giustamente convinti che l'analogico suoni diversamente dal digitale, ma c'è anche chi dice che in realtà non sia così e tutto dipende da come  viene regolato l'impianto stereo e da che tipo di impianto di riproduzione sonora viene utilizzato. Vero, moltissimo però dipende anche dal tipo di registrazione che è stata fatta e dal fatto che in certi casi, quando si voleva procedere un po' troppo speditamente nelle varie lavorazioni, non si riusciva ad estrarre un suono sufficientemente valido per i CD da un master analogico. C'è anche da dire che i vecchi LP erano fatti molto bene, avevano un peso di almeno 180 grammi ed uno spessore superiore alle ristampe prodotte ai nostri giorni, cosa che permetteva di effettuare un'incisione più profonda nel vinile e di avere una dinamica superiore. Ciò significa che avendo la possibilità di trovare un LP vintage in ottime condizioni, è preferibile ascoltare questo tipo di disco rispetto ad un vinile più "fresco" di produzione relativamente economica.
Bisogna poi ricordarsi che la registrazione digitale introduce una compressione innaturale nella riproduzione del suono e forse per questo il vinile, nonostante una dinamica inferiore al digitale, sembra che suoni meglio. 
Il dischetto d'argento ha una dinamica teorica registrabile intorno ai 90 dB, mentre il disco in vinile, nei solchi esterni, quelli più favorevoli (questo è anche il motivo per cui le migliori canzoni vengono inserite all'inizio del disco), ha una dinamica intorno ai 65 dB. I produttori moderni tuttavia non riescono a trasferire tutte le informazioni sul vinile, soprattutto partendo da un master dell'epoca, strutturato e confezionato per un disco di vinile con tutti i suoi limiti. 
All'epoca d'oro di questa pratica, quando il sistema raggiunse lo stato dell'arte, il trasferimento del segnale audio avveniva in modo più soddisfacente. Basta fare un confronto nell'ascolto di un disco vintage ed un disco moderno per rendersene conto. L'industria discografica, con l'avvento del CD ha migliorato molto il supporto, meno la distorsione, il rumore e gli altri difetti; la scarsa capacità della componente umana, che si è perduta a causa della facilità di gestire i mezzi moderni, ha spesso prodotto musica incisa dal timbro duro ed innaturale, frequentemente metallico.
Naturalmente, i moderni impianti di riproduzione a 24 bit offrono un campionamento sufficientemente ampio, in grado di riprodurre quasi per intero la curva dell'onda sonora, o comunque in grado di soddisfare più che ampiamente anche i palati più raffinati. In molti casi è più importante la condizione psicoacustica con cui si ascolta un brano in modo soggettivo che tutti i vari passaggi del sistema produttivo e riproduttivo. Ognuno di noi ha il suo modo di sentire, le sue abitudini, gusti e sentimenti propri che possono metterci in condizione di gradire maggiormente un tipo di sonorità che magari ricorda un ambiente familiare rispetto ad un altra onda sonora che ci arriva in modo insolito.
Insomma, ogni caso va valutato attentamente e sì, ci possono essere dischi vinilici di qualità superiore a CD "fatti male", ma normalmente il suono digitale dovrebbe essere molto più pulito del suono analogico. Anche qui però, bisogna ricordarsi che il genere musicale che si ascolta ha la sua dannata importanza. Nella musica rock, per esempio, si ricercano effetti e sonorità di chitarre distorte che vanno completamente contro l'idea del suono pulito, eppure piacciono... Al contrario, nella musica classica il suono deve essere cristallino ed il grande numero di strumenti presenti nell'orchestra permettono d'apprezzare maggiormente le dinamiche sonore, oppure i crescendo e rende importante riuscire a distinguere da che strumento arriva un determinato suono.
Dall'introduzione del CD, gli audiofili hanno passato circa una decina d'anni ad accapigliarsi discutendo se fosse migliore il suono digitale o quello analogico portando a sostegno delle loro teorie misurazioni strumentali e prove d'ascolto. Col tempo la bagarre s'è calmata, molti hanno finalmente capito che non esiste una risposta definitiva. Esistono dischi di vinile migliori dei corrispettivi CD e vice versa ci sono CD di qualità superiore all'edizione stampata su vinile. Come abbiamo velocemente visto, le variabili sono tante, ma il fattore che incide maggiormente è il gusto personale dell'ascoltatore ed il suo modo di percepire i suoni. Non esiste un impianto stereofonico definitivo, o assoluto, che possa farci apprezzare al meglio qualsiasi genere musicale, ma esistono combinazioni più adatte della catena per la riproduzione musicale che meglio si adattano ad un genere o ad un altro. 
Un consiglio? Se proprio avete denaro in gran quantità, meglio investirlo in un impianto stereo con un giradischi professionale vintage che può essere modificato a piacere e personalizzato con elementi che possono effettivamente migliorare il risultato finale, anzi che scegliere un lettore CD super costoso che più di tanto non riesce a migliorare il suono già molto buono delle macchine di ultima generazione.


Cornice per dischi. Enzo Jannacci Discogreve. Collezionismo discografico. Vinile.
Ai collezionisti interesserà sicuramente questa cornice artigianale di legno nella quale è possibile inserire l'LP preferito per tenerlo sempre in vista sui muri di casa. Nel momento in cui si desidera ascoltare la musica basta aprire la parte frontale dell'espositore, sfilare il disco e caricarlo nel proprio giradischi per suonarlo, oppure mostrarlo agli amici.

Leggenda metropolitana sui costi di produzione
C'è chi dice che costi meno stampare un vinile che un CD; altri pensano che i costi siano pressoché uguali. La ristampa dovrebbe comunque costare meno, ma c'è poi chi la compra? E per la copertina è vero che quella grande costa di più?

Il 78 giri
E' con questo formato che viene introdotto il vinile come materiale per la produzione di dischi fonografici: erano gli anni '50 del secolo scorso. Nato nel finire del 1800 il disco venne realizzato in vari materiali, il più diffuso fu la gommalacca, che però era molto fragile, pesante e più costosa. Il 78 giri (Single Play) aveva un solco a spirale molto più largo del microsolco (era circa 4 volte più ampio); la lettura meccanica di questa incisione avveniva attraverso una specie di punta metallica a forma di chiodo che sollecitando una membrana la trasformava in un microfono, o meglio la faceva funzionare come uno stetoscopio vibrante che veniva amplificato con un altoparlante a tromba. La costruzione di questo sistema sonoro era piuttosto semplice, ma funzionava. La registrazione era di durata piuttosto breve perché il disco di circa 10 pollici (24,5 cm) di diametro veniva letto piuttosto in fretta (circa 3 minuti) alla velocità (indicativa perché in realtà era abbastanza variabile) di 78 rivoluzioni al minuto. La qualità della riproduzione sonora era accettabile proprio grazie alla velocità di rotazione del disco, ma naturalmente era monofonica. Il 78 giri ha avuto una vita di circa 70 anni, dal 1890 agli inizi degli anni 1960. Questo formato oggi ha soprattutto il valore di un documento in quanto su questi dischi si possono trovare le registrazioni storiche dei grandi direttori d'orchestra o dei grandi cantanti italiani che portavano il melodramma nei teatri di tutto il mondo.

Il 33 giri
L'introduzione del pvc come supporto dei dischi sonori consentì d'effettuare incisioni di maggior qualità rispetto alla gommalacca, pertanto vennero riviste le dimensioni del solco che restringendosi venne rinominato microsolco (si ridusse anche la profondità), e di ridurre la velocità di rotazione, con il vantaggio di poter inserire tempi di registrazione più lunghi sui dischi. Il 33 giri (da 10-12 inch) arrivò nel 1948 e fu denominato LP oppure "album" (I primi LP avevano stampato sull'etichetta MG che significava Micro Groove, microsolco. La lunghezza totale di questo solco è intorno ai 460 metri.). Il pvc era anche molto più flessibile rispetto alla gommalacca e quindi era meno fragile (In Unione Sovietica negli anni 1970 venivano incisi dischi clandestini con la musica delle band occidentali, Beatles in primis, su radiografie ritagliate in forma circolare che potevano essere tenuti arrotolati all'interno delle maniche dei cappotti, prima di essere "spacciati" per strada. Vedi: "Come i Beatles fecero tremare il Cremlino"). Un LP può durare 60 minuti, ma generalmente ha una durata di 40'. 

Il 45 giri
Il 45 giri arrivò circa un anno dopo il 33 giri, nel 1949, aveva un foro centrale più grande e poteva contenere fino a circa 5 minuti di musica per lato. Era il mezzo ideale per diffondere la musica attraverso i juke box. Prima, i juke box che caricavano i dischi a 78 giri potevano caricare soltanto dalle 24 alle 40 canzoni, mentre in seguito, con i 45 giri, si riuscirono ad offrire dalle 100 alle 200 canzoni  in una sola macchina a monete.
Quasi tutte le band ed i cantanti hanno esordito con i dischi a 45 giri; sono molto rari i casi di chi ha esordito con il 33 giri a lunga durata (LP); molti pensano che è nel 7 pollici che si concentra il potenziale primigenio dell'artista.
A differenza dei LP che ultimamente stanno vivendo un momento di revival, i 45 giri da 7 pollici non sono più stati stampati dalla fine degli anni 1990.

Extended Play / Disco Mix
L'EP è solitamente un disco professionale di ottima qualità utilizzato dalle radio, gira a 45 rivoluzioni al minuto ed è stato stampato nelle dimensioni di 7 - 10 e 12 pollici, generalmente contiene 2 brani per lato. C'è un mercato collezionistico anche per gli EP; mentre il Disco Mix era un disco usa e getta perché veniva usato in discoteca per qualche mese, poi passava di moda e diventava difficile da riproporre. Ci sono Mix da pochi euro all'interno dei quali ci possono però essere dei brani che hanno fatto la storia degli anni '80 ed in quel caso il loro valore cresce sensibilmente. La qualità era molto buona per via della maggior velocità di rotazione del disco, ma ovviamente molto dipendeva dalla qualità della stampa e del master. Gli EP che giravano a 33 giri venivano denominati Q Disc.

I formati del futuro
Attualmente ci sono tecnologie migliori del vinile, del CD e del Laser Turntable a lettura laser, ma come faremo un domani a collezionare la "musica liquida"?


Espositore artigianale per LP Pastrengouno
La geniale cornice apribile per LP la trovate nel laboratorio di Innocente, in via Pastrengo, 1 all'Isola.

I generi musicali più richiesti
Anche la musica è soggetta alle mode in determinati momenti storici, ma gli artisti migliori sono sempre richiesti. Ci sono collezionisti appassionati del beat che suonano in gruppi rock stile anni '60, altri che cercano tutti i dischi dei cantautori oppure collezionano colonne sonore che di per sé contengono un po' tutti i generi, dallo shake, al lento, allo strumentale. La Febbre del Sabato Sera è un disco molto apprezzato e completamente ballabile, ma è un disco relativamente recente, del 1977.
Nelle case private ormai si trova ben poco, i dischi più interessanti sono in qualche negozio che chiude che ha ancora qualcosa in magazzino oppure in casa di qualche giornalista perché una volta ai giornalisti venivano regalati molti dischi per promozione e per scrivere le recensioni. Questi sono i luoghi dove chi tratta dischi riesce a fare i suoi colpi migliori, perché i dischi che si possono trovare nei mercatini delle pulci sono generalmente in condizioni pessime. Recentemente anche Radio France ha messo in vendita all'asta 8000 dischi dai suoi sterminati archivi, ma non si sa bene in che condizioni, perché a detta di chi ha già provato a ritirare dei lotti dalle radio, i dischi che vengono utilizzati per le trasmissioni sono spesso usurati, segnati, scritti e numerati.

Il rock progressivo italiano
Il primo gruppo di progressive rock italiano è nato in provincia di Varese da alcuni ragazzi che frequentavano la Scuola Europea in quanto i loro genitori lavoravano all'Euratom di Ispra: i dischi degli Analogy raggiungono quotazione che vanno dai 3000 ai 5000 euro. Anche i Jet, come gli Analogy, pur non avendo avuto molto successo perché all'epoca il pubblico non aveva ancora il gusto per il rock progressivo, oggi sono gruppi molto apprezzati e di conseguenza sono stati ristampati i loro dischi anche in paesi molto lontani, come il Giappone. I giapponesi, già 25 anni fa venivano in Italia, compravano dischi di rock progressivo italiano, li portavano in Giappone dove, abusivamente, ristampavano questo genere musicale vendendo questi dischi anche in Italia. I giapponesi erano capaci di rimasterizzare un disco che presentava difetti o imperfezioni, migliorandolo in ogni parte.


Italo e Federico Maria Gnocchi, quando la passione per la musica si trasmette da padre in figlio

Il Punk
Mi rivolgo ad un altro collezionista più giovane, si tratta di Federico Gnocchi, figlio di Italo, che mi dice di non essere interessato alle ristampe serigrafate, ma di acquistare soltanto i formati originali pubblicati tra il 1977 ed il 1979 (periodo d'oro della "Summer of Hate" che ha contagiato anche Finlandia e Jugoslavia) in cui compaiono i brani delle band minori europee. Inoltre, Federico è un grande estimatore anche dei 45 giri. Qualche esempio: gli svedesi del P.F. Commando, i Rude Kids, i finlandesi Kolla Kestää, gli jugoslavi Paraf, Pekinška Patka, mi cita anche La came aux damélias, una band francese a me totalmente sconosciuto che ha registrato un solo singolo che era una vera bomba: Chopper. 
Tutti questi gruppi, quando andava bene, pubblicavano un migliaio di dischi al massimo che poi distribuivano principalmente tramite qualche lista di negozio privata (mail order, se possiamo dire così), oppure durante i concerti, se ne facevano... Oggi, in Italia, trovare dischi di questi gruppi secondari del Punk è quasi impossibile. Negli ultimi anni, grazie al web, al passaparola ed alle fiere, qualche informazione in più si riesce a reperire, ma non molto. Negli anni '80 invece, la scena dell'Hardcore italiano riesce a produrre dischi molto significativi a livello internazionale, come i piemontesi Indigesti, i Negazione o i Crash Box e i Wretched di Milano e tanti altri. Si tratta di band tutte autoprodotte che oggi sono diventate, giustamente, band di culto. I dischi degli anni '70 possono raggiungere quotazioni superiori ai 1000 euro, proprio perché ai nostri giorni vengono ricercati da moltissime persone, ma i quantitativi esistenti sono molto esigui.

I negozi storici di Milano

Zabrinskie Point, Mariposa, Buscemi, Il Discomane, Transex, Psycho, Metropolis, quanti di questi luoghi di aggregazione per gli appassionati oggi sono ancora in attività?  Chissà, forse in futuro mi dedicherò anche a questa ricerca. TG

Tony Graffio intervista il collezionista Marco Pacci


Marco Pacci (Il collezionista archeologo) con uno dei suoi dischi preferiti

Tony Graffio: Ciao Marco, raccontami qualcosa di te.

Marco Pacci: Sono un collezionista, fin da quando ero ragazzo, prima mi sono occupato di rock progressivo perché quella era la musica della nostra generazione, poi sono passato al jazz, poi mi sono occupato un po' di tutti i generi musicali. Infine, ho affinato lo spirito e la mentalità collezionistica ed ho deciso d'occuparmi prevalentemente di jazz europeo perché è una parte della musica che amo che sento che appartiene al mio modo di essere ed alla mia cultura.

TG: Vieni da Firenze?

MP: Sì, da Firenze.

TG: La tua è un'attività o una passione?

MP: E' una passione, la musica ha sempre accompagnato la mia vita. Adesso che sono quasi arrivato alla sessantina sento la necessità di divulgare il bagaglio d'esperienze che ho fatto e diffondere la cultura musicale. Conduco una trasmissione musicale intitolata: “Il collezionista” su un'emittente radiofonica locale che si chiama Contro Radio. Metto in onda brani jazz, funky e di musica latina che sono delle perle rare di generi che fanno parte di tanti anni della mia attività di ricerca. Oltre a questo aspetto divulgativo, vivo i momenti della fiera, non solo per vendere qualche doppione, ma anche per conoscere persone e frequentare un mondo di appassionati con cui scambio idee e opinioni. In questo modo riesco anche a consigliare e suggerire qualcosa ai più giovani, perché le nostre idee, se non vengono trasmesse a qualcuno, poi se ne vanno insieme a noi. Dopo anni di collezionismo “underground” rinchiuso nelle mie stanze, ho deciso di uscire allo scoperto e farmi conoscere.

TG: Questa passione e queste conoscenze si riescono a trasmettere?

MP: Ci provo. Diciamo che un grosso stimolo mi è arrivato da Jazz Perspective, una rivista giapponese che viene pubblicata due volte all'anno. Mi hanno chiesto d'intervistarmi perché loro sentono grossi collezionisti a livello mondiale ed hanno capito che io sono in possesso di pezzi molto importanti. Sono rimasto colpito da questa opportunità che mi ha fatto conoscere anche in estremo Oriente. Da lì poi sono partiti altri contatti con tutta una serie di persone che hanno iniziato a scrivermi per i motivi più diversi. C'è chi vuole vendermi dischi, chi li vuole comprare o chi semplicemente mi vuole conoscere. Molti appassionati li ho conosciuti anche grazie a internet.

TG: Il mondo di internet è misterioso ed ha mille sfaccettature, magari uno pensa di non essere tanto conosciuto, invece poi scopre che milioni di persone nel mondo leggono quello che scrive e lo seguono in quello che propone...

MP: Esatto, questa è un po' una sorpresa perché le persone non si manifestano subito, ma una volta che capiscono chi sei hanno un'immagine della tua persona e un'idea della tua esperienza; poi inizia ad arrivare qualcuno che ti dice: mi hanno detto che tu hai, o conosci, o che tu... E' un po' un tam tam che ti dà la possibilità d'essere rintracciato e contattato per qualsiasi cosa, se tu hai voglia d'esporti. Naturalmente devi frequentare anche la gente, essere presente alle convention e alle fiere, se tu stai barricato in casa e non esci mai è difficile creare nuovi rapporti.

Marco Pacci nel suo stand di Novegro prende il suo disco preferito da una parete per mostrarmelo meglio

TG: A quanti pezzi ammonta la tua collezione?

MP: Grosso modo, posseggo circa 15000 Long Playng, ho eliminato tutte le ristampe, ho i dischi americani originali, ho quasi tutto il jazz italiano ed una discreta fetta di jazz europeo. Poi, ho 19700 dischi a 78 giri che ho raccolto dal 1989 ad oggi attraverso una ricerca parallela che ho fatto per indagare nel jazz europeo anteguerra. Molto di questo materiale a 78 giri non è poi stato pubblicato come LP; inoltre ho anche dischi di jazz italiano che molti ignorano che esista. Anch'io da ragazzo credevo che il jazz fosse nato con Basso e Valdambrini, in realtà in Italia s'è suonato jazz in diverso stile fino dalla metà degli anni '20 e dagli inizi degli anni '30. E' lì che mi sono appassionato di questa ricerca “archeologica”, perché io fondamentalmente nasco come archeologo. Avendo fatto studi d'archeologia, ho portato i miei metodi di ricerca scientifica in campo musicale.

TG: Che cos'è questo "It's Morrissey Man!" dei Morrissey Quartet?

MP: E' uno dei miei dischi preferiti, è un disco di jazz modale della seconda metà degli anni '60, è una stampa inglese di un'etichetta storica (Fontana). E' un disco molto ricercato che a me piace molto. Quando lo trovo lo compro e lo ripropongo senza indugio a qualche intenditore. Questo poi ha una bellissima copertina ed è tenuto molto bene, vale proprio la pena di comprarlo.

TG: Di che anno è?

MP: Credo sia del 1965.

TG: Quanto vale?

MP: Io lo vendo a 220 euro.

TG: I 78 giri allora avranno un grosso valore...

MP: Dipende, non tutti. Per quello che riguarda il jazz italiano uscito alla fine degli anni '40 ed all'inizio anni '50 ci sono molti dischi che non sono stati ristampati in LP, quelli sì hanno un bel valore. Costituiscono la parte storica della mia collezione in Vinile e non basta avere i soldi per poterla acquistare perché quelli sono dischi molto difficili da reperire. Io sono conosciuto per essere sempre interessato a queste cose pertanto, ogni tanto, qualcuno mi chiama e mi propone un disco introvabile.

TG: Quei dischi non li vendi?

MP: No. Fortunatamente, ho qualche doppione che destino a qualche amico che ho indirizzato un po' sulla via di questo collezionismo storico. Anche se da questo punto di vista dovrei parlare più di discepoli che di amici.

TG: Non capisco, negli anni '30 il fascismo lasciava ugualmente stampare la musica jazz?

MP: Guarda è una cosa molto strana: mai come all'epoca del fascismo in Italia e del nazismo in Germania si è suonato così tanto jazz. Il problema era quello di non identificarlo come jazz, se il disco era il "St. Louis Blues" era necessario farlo passare come: “Le tristezze di San Luigi”, perché ovviamente non si poteva scrivere in inglese. Oppure, "Honeysuckle Rose" veniva contrabbandato come “Pepe sulle rose”, perché doveva essere un brano di artisti autarchici italiani, non un brano di un artista di origini ebraiche o anglosassoni. Il Ministero della Cultura stabiliva che non si potevano programmare certi brani, ma bastava scrivere sulle etichette dei nomi di autori italiani con titoli italiani per non avere problemi. Questo era il trucco per aggirare l'ostacolo.

TG: Ma nessuno ascoltava il disco? Come facevano a non accorgersi di che musica si trattasse?

MP: Sì, lo ascoltavano eccome, ma soltanto negli attici e nelle cantine. Il concerto andava contrabbandato come musica da ballo, non potevi improvvisare “Hot jazz” alla Louis Armstrong, ma se ti mantenevi su livelli, diciamo decorosi, se riuscivi ad eludere la sorveglianza della milizia per la sicurezza nazionale riuscivi a suonare del buon jazz. In quegli anni sono nati molti buoni musicisti; i maestri del ritmo suonavano mentre gli americani bombardavano Torino e Milano. Incidevano anche delle bellissime session di jazz che ancora oggi sono dei capisaldi dello swing italiano. Molta musica arrivava dagli Stati Uniti grazie ai transatlantici ed ai musicisti che suonavano sulle navi. Artisti italiani sono stati in America ed al loro ritorno hanno portato a casa arrangiamenti e scritture sulle quali impostare i propri brani. Per me, uno dei più grandi artisti di quell'epoca rimane Gorni Kramer che noi conosciamo come musicista di rivista degli anni '50, ma Gorni Kramer è stato un precursore della fisarmonica e dei quintetti swing. I suoi 78 giri incisi da Fonit (che poi si unirà con la Cetra ndTG) sfidano il tempo come modernità e sono di livello europeo perché in Europa si suonava un ottimo swing.

TG: So che esiste anche un premio intitolato a Gorni Kramer, nel 2014 è stato assegnato ad un grandissimo musicista italiano del jazz internazionale che ho avuto la fortuna di conoscere anni fa: Renato Sellani. Tu l'hai conosciuto?

MP: Non personalmente, ma ho i suoi dischi. Ha alternato la sua carriera tra l'Europa e l'America suonando jazz e musica Pop. Sellani ha fatto parte del quintetto di Basso e Valdambrini, ha accompagnato i più grandi cantanti italiani come Luigi Tenco, Lucio Battisti e Gino Paoli ed anche in America è stato riconosciuto come un grande musicista. E' l'unico italiano che ha suonato con Sarah Vaughan; Dizzy Gillespie; Lee Konitz; Phil Woods; Tony Scott; Gerry Mulligan; Bill Coleman; Stephan Grappelli, Chet Baker e tanti altri.

TG: Torniamo in Europa: Berlino era una realtà molto interessante per il jazz degli anni '20 e '30?

MP: Berlino era una realtà incredibile, nonostante quello che accadeva a livello politico; ci sono dei dischi che sono stati censurati dal nazismo, ma a Berlino si suonava al Patria Bar: molti italiani, come Tullio Mobiglia e Mario Balbo hanno suonato in Germania in quegli anni, perché a Berlino c'era una vita notturna che da noi non c'era.

TG: Chi ha scritto qualcosa su questi argomenti e dove si possono trovare informazioni sul jazz in Europa nella prima metà dl secolo scorso?

MP: Adriano Mazzoletti è un giornalista che ha conosciuto molti musicisti ed ha pubblicato un libro con Laterza nel 1983 intitolato “Jazz in Italia: dalle origini al dopoguerra” che raccontava la storia dei pionieri del jazz italiano. In seguito, questa edizione è stata rivista e mi è stato chiesto di collaborare perché io ho avuto la possibilità di ritrovare le matrici e le date d'incisione di quel materiale discografico che ho reperito a Londra presso l'archivio della EMI che si trovava presso la British Library. Alla EMI c'erano tutti i borderò della sala d'incisione microfilmati che prima stavano a Ace, sede inglese de: La Voce del Padrone. Ad Ace arrivavano dalle case discografiche locali tutti i borderò originali che a volte riportavano le date d'incisioni ed i nomi dei musicisti impiegati ed altre informazioni che in Italia sono state cancellate dai bombardamenti e dall'incuria. Il nemico del regime fascista di quegli anni conservando questi dati ha consentito di ricostruire importanti dati del nostro passato.


Christopher Lee è Dracula nei film horror della Hammer

TG: Vedo che hai anche molte colonne sonore di film di genere, sono anche quelle di un certo interesse per te?

MP: Io ho tenuto in collezione tutte le colonne sonore con un background jazzistico. I dischi dei film di Bava non hanno questo sapore, però ad esse, come a quel tipo di cinematografia, riconosco una sua particolare originalità.


Le monde sans soleil - Musique de Serge Baudo - 50 euro

TG: E le colonne sonore dei film horror, sono richieste?

MP: Sì, me le chiedono, l'horror italiano è un genere che va bene, anche se in questo momento non ho tanti dischi dei film di Lucio Fulci della fine degli anni '70.


Giovanni Fusco musicista
Milano Nera di Giovanni Fusco viene venduto a 140 euro

TG: A quanto pare anche Giovanni Fusco e la sua Milano Nera ha un discreto valore...

MP: Si tratta di un disco che è stato inciso da la Cam che è una casa discografica che ha fatto da asse portante per la discografia della cinematografia italiana degli anni '60 e '70. Tutti i più grandi compositori hanno inciso per la Cam: da Piccioni a Trovajoli a Umiliani. Io tengo quelle pubblicazioni, anche se hanno già avuto un grande momento collezionistico tra la seconda metà degli anni '90 a dopo il 2005/2006. Ora che molti collezionisti dispongono di questo materiale l'interesse per questo genere s'è un po' calmato, ma è anche vero che la musica rimane musica e la si può ascoltare ugualmente con soddisfazione perché è stata fatta bene.

TG: Lo stato di conservazione quanto incide sul prezzo finale?

MP: Molto. Per il mio modo di lavorare, molto. Purtroppo, per altri non è così, però se un disco non è tenuto bene e non è Mint, per me è inutile e lo svaluto fino a metà del suo prezzo intero. Ritengo che sia giusto così, perché se puoi chiedere un prezzo congruo per un disco in perfette condizioni, non puoi fare lo stesso per un disco sul quale compaiono segni, graffi o che non si sente bene o ha la copertina rovinata. C'è una serie di gradazioni di conservazione codificate che sono utili per avere una valutazione attendibile.


Disco nuovo e  sigillato del 1981
Nel 1981 David Bowie ha composto la colonna sonora di un film di grande successo: Christiane F. Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino. Questo mitico 45 giri ancora sigillato è stato messo in vendita a 35 euro.

TG: Questo disco di David Bowie è addirittura sigillato.

MP: Infatti, una conservazione migliore di questa non si può avere.

TG: Però non è nemmeno tanto caro...

MP: No, perché ha avuto una grande circolazione e poi, io non mi sento di speculare quando i musicisti ci lasciano, anche se vedo che c'è un po' una tendenza generale ad alzare i prezzi in questi casi, ma onestamente se il disco non era raro prima non è raro neanche dopo la morte dell'autore. Se è sigillato può valere 10 euro di più, ma insomma, il prezzo è quello.


Qualche prima edizione a 45 giri, come quelle di Lucio Dalla e di Fabrizio De André e qualche ristampa, come quella dell'LP di Michel Polnareff, un personaggio un po' eccentrico che esattamente 50 anni fa ebbe un buon successo con: "Una bambolina che fa no, no, no".

TG: Molti appassionati alle prime armi si lasciano attirare dalle ristampe credendo d'aver davanti un disco molto più vecchio: come possiamo distinguere le ristampe da una prima edizione?

MP: Ci sono molti fattori che ci fanno riconoscere una ristampa. Le ristampe moderne sono molto facili da individuare perché riportano in copertina il codice a barre. Se tu mi chiedi come distinguere le prime dalle seconde edizioni, posso dirti che molto spesso ci possono essere dei fattori meccanici di stampa del disco. Fino alla fine degli anni '60 il disco veniva stampato in una certa maniera, con un leggero solco all'interno dell'etichetta che oggi i collezionisti chiamano “Deep groove” (solco profondo). Spesso le edizioni successive, poiché sono cambiati i macchinari, vengono stampate in modo diverso. Anche i diritti musicali possono cambiare, in Italia prima del 1967 erano marchiati Sedrim, mentre dopo quell'anno ha iniziato a comparire la Siae per la riscossione dei diritti. La copertina può essere apribile nell'originale e a busta nella ristampa, l'indirizzo di produzione della casa discografica può essere diverso a causa di un trasloco, normalmente i collezionisti sono a conoscenza di tutti questi fattori e difficilmente vengono tratti in inganno da un disco. Il Jazz ha comunque le sue regole, il Blues ne ha altre ed il Rock altre ancora.


In questo disco della Contemporary Records di Phineas Newborn Jr. sono  visibili sia la "deep groove" che il numero di riferimento impresso dalla casa discografica

TG: Hanno mai provato a piazzarti un disco per un altro?

MP: Sì, ma non ci sono riusciti... Il rischio oggi risiede nell'acquisto di un bene online che poi viene inviato per posta. Se non hai l'esperienza necessaria a capire cosa ti stanno vendendo e non vedi bene le immagini di quello che ti vogliono piazzare c'è il rischio di sbagliare a riconoscere un'edizione e non solo quello. Anche le condizioni di conservazione possono essere confuse, ci sono venditori che conosci e sono attendibili, mentre altri millantano cose non vere.


Miles Davis - Ascensore per il patibolo - 60 euro

TG: E le matrici come si riconoscono?

MP: Ogni etichetta ha il suo modo di segnare le matrici, la Contemporary Records, una casa californiana, per esempio, ha prodotto jazz tra gli anni '50 e '60 e marcava le stampe con una D ed un numero. D1 è la prima stampa; D2 e D3 sono stampe successive. Ognuno aveva i suoi macchinari ed il suo modo di pressare i dischi e di etichettarli. Per esempio, se tu hai una matrice A1 B1 di “In the court of the Crimson King” dei King Crimson hai un tesoro, se invece hai un A4 - B5 hai un disco da 30-40 euro, perché si tratta della quarta o quinta stampa. Un collezioniste queste cose deve saperle, altrimenti rischia di pagare fischi per fiaschi. Hai capito?


Il capannone a Novegro dove si tiene Expo Vinile

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