giovedì 4 maggio 2017

Le Cinegrafie di Roberto Caielli, stampatore di Giorgio Lotti

Roberto Caielli è un fotografo che ha un laboratorio di stampa fine art a Varese, in via Carrobbio numero 11, e come stampatore lavora per altri fotografi della zona, compreso Giorgio Lotti.
Caielli utilizza stampanti Canon di grandi formato della serie 8400, plotter a pigmenti a 12 colori, macchine particolari che riescono a stampare formati con il lato più corto di cm 110. Il suo studio è sito in un luogo molto particolare, un refettorio del 1400 tutto affrescato, dove il fotografo effettua riprese di matrimonio. 
Laureato in lettere classiche, da una decina d'anni s'è affacciato con ottimi risultati al mondo della fotografia, trasformando una passione in una professione. Antonio Manta è stato il suo maestro per quello che riguarda la stampa di qualità. Roberto ha frequentato il laboratorio di Pian di Scò, in provincia di Arezzo, quando ancora era nel garage dell'abitazione di Manta. La BAM (Bottega Antonio Manta)  si è poi trasferita a Montevarchi, in un ambiente più indicato all'esercizio di questa attività. 
Ricordo che Manta è uno stampatore indipendente che lavora sia con Epson che con Canon.
Anche Roberto Caielli conferma che attualmente c'è un ritorno di interesse verso la fotografia chimica ed un conseguente aumento delle richieste di scansioni delle pellicole e di lavorazioni da fare su questo tipo di supporto; anche se poi, generalmente, vengono stampate da file digitale con macchine a getto d'inchiostro.
Caielli dice d'avere un metodo segreto per effettuare scansioni di grande qualità, perciò evita di parlare di come acquista digitalmente le immagini su negativi. A questo proposito, però vorrei dire che ci possono essere grosso modo solo due strade da seguire per ottenere scansioni da negativo: utilizzare uno scanner (di vario tipo), oppure utilizzare una fotocamera, che per certi versi potrebbe rivelarsi una scelta migliore, poiché con la macrofotografia si riesce a mettere a fuoco con precisione la grana della pellicola ed ottenere un file Raw, cosa che non sempre si riesce a fare con i normali scanner (esclusi Imacon e Hasselblad). A questo punto, mi viene da pensare che Roberto Caielli segua questa strada. C'è anche la possibilità di produrre internegativi di grande formato da ripulire e rielaborare in Photoshop, ma una lavorazione del genere avrebbe senso per altri tipi di stampa, come quella a contatto, non certo per una stampa digitale.
Nello stand che poi mi è stato indicato dallo stesso stampatore, sempre alla MIA 2017, ho visionato stampe digitali ottenute da Caielli con il suo "metodo segreto" e devo dire che il risultato al quale è pervenuto è molto valido, ma non migliore di altri stampatori che scansionano in modo altrettanto accurato il negativo, forse anche con metodi diversi.
Lo stampatore fine art generalmente non è solo un fornitore di servizi, ma un confidente esperto al quale chiedere consigli che sappia indirizzare il fotografo verso scelte ragionate e consapevoli. La post-produzione e la stampa vengono fatte insieme, cosa che facilmente favorisce un rapporto d'amicizia che induce poi il cliente a tornare presso il laboratorio di fiducia. Non è solo una questione di costi, ma di riuscire ad improntare un dialogo e di costruire un rapporto che porti a capirsi e a raggiungere i risultati che ci si era proposti d'ottenere.
Parlando invece del progetto fotografico esposto presso lo stand di Roberto Caielli, dove esponevano anche Carlo Milani e Luca Giaretta, posso dire che è stata fatta un'operazione piuttosto concettuale; originale e di un certo interesse. Fotografare un intero film con un solo scatto fotografico è qualcosa che è stato già fatto dal giapponese Hiroshi Sugimoto. L'esposizione dura il tempo di proiezione del film, la luce riflessa dallo schermo illumina anche l'interno della sala teatrale cinematografica e si ottiene una fotografia dell'interno del cinema vuoto, con lo schermo bianco. Sugimoto aveva poi fatto stampare preziose photogravures che componevano un libro d'arte intitolato "Theaters".
La tecnica di Caielli è differente, lui però è più interessato al film che al teatro e nel suo caso lo schermo riporta un'immagine mossa delle scene preponderanti sulla pellicola cinematografica. Anche in questo caso, c'è il top-secret sui metodi che hanno portato al risultato, ma non è difficile immaginare che l'esposizione debba essere fatta sullo schermo, probabilmente utilizzando dei filtri ND sull'obiettivo da fripresa. Unica cosa che mi dice Roberto è che gli scatti sono stati tre e che da lì sono state ottenute tre stampe, perché Shining, il film proiettato è stato diviso in tre parti da 40 minuti l'una.
Non si tratta di esposizioni multiple, ma di uniche aperture dell'otturatore.
Con questo suo metodo si esalta l'inconscio filmico che porta ad una sintesi significativa del film stesso, cosa che fa emergere dettagli importanti della narrazione. Da appassionato di cinema ci dice che il film, come un normale paesaggio, è fotografabile nella sua completezza, solo che il film ha come una dimensione in più che è la sua durata temporale, elemento dal quale non si può prescindere. 
Questo progetto fotografico ci insegna che ogni cosa, oltre alle dimensioni spaziali, ha una diversa collocazione temporale che è molto importante. TG

Roberto Caielli, come altri fotografi, si propone anche come stampatore. A Varese.

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