martedì 24 maggio 2016

Tobia Ravà risponde a 3 domande sulla cultura e l'arte ebraica


I numeri hanno vita; non sono solo simboli sulla carta. Shakuntala Devi

Frammenti di (Alta) Cultura era stata all'inaugurazione delle mostra di Tobia Ravà, a Sabbioneta (MN), che resterà aperta fino al 29 maggio 2016. Consiglio a chi non ha ancora visto le sorprendenti opere di questo artista di cultura ebraica di non perdere l'occasione di visitare una mostra quasi antologica di grandissima importanza.
Pubblico soltanto adesso una mini-intervista (un po' perché moltissimo è già stato detto su Tobia Ravà da esperti molto più qualificati di me) che sicuramente farà riflettere i lettori più attenti.

Tobia Ravà - Sullam sequenze in scala 2015 Resina e tempere acriliche su tela cm 50X70

TG: La decisione di esprimerti attraverso i numeri è dovuta al fatto che la religione ebraica proibisce la rappresentazione della figura umana?

TR: Diciamo che il percorso legato alla cultura ebraica io lo sento più come un pensiero ed un modus vivendi più che una religione, anche perché l'ebraismo in realtà non è una religione, ma un modus vivendi. Sicuramente la tua è un'osservazione giusta, io seguo un percorso svincolato dalla figura umana e questo modo d'esprimermi attraverso le lettere ed i numeri ha questa motivazione, diciamo biblica, però non lo faccio solo per questo. Per me questo è un percorso legato alla Cabala Luriana di cui i tre momenti sono il Tzimtzum, il Shevirah ed il Tikum. Il Tzimtzum è il momento in cui Dio si rapprende esternamente per creare il mondo, mentre la Shevirah è il momento della creazione e tutto il materiale derivato dalla creazione va a riempire i 10 vasi della conoscenza, 7 dei quali non riescono a reggere l'urto. I 3 superiori contengono le scintille della conoscenza, mentre i 7 inferiori si spaccano e tutto il mondo si riempie così di queste scintille della conoscenza che sono lettere e numeri. Il mio lavoro è il recupero di queste scintille e la ricostruzione di quella che è la realtà attraverso il terzo momento, il Tikum, ossia il momento in cui l'uomo riqualificato che è riuscito a scavare dentro se stesso può portare se stesso ad un livello più alto, in modo da portare tutto il mondo ad un livello più alto per essere in grado di togliere le klipot, ovvero spostare i cocci rotti dei vasi di terracotta rotti e raccogliere le scintille. Naturalmente, sto un po' semplificando dei concetti piuttosto complessi.

Tobia Ravà - La Macina del Tempo 2013 - Assemblaggio, resine e tempere acriliche

TG: Camille Pissarro è stato il primo ebreo a rappresentare la figura umana. Per questo prima di lui non si conoscono artisti ebrei?

TR: Questa cosa è giusta e sbagliata allo stesso tempo. Diciamo che l'artista ha con l'arte moderna un certo tipo di rapporto che sicuramente può dar adito a questa osservazione, però già nella Bibbia troviamo Bezalel che è un artista ebreo. Ci sono anche altri artisti ebrei che non sono conosciuti per essere artisti ebrei, oppure che sono noti come ebrei, ma non noti come artisti. A parte Giorgione, che molti affermano fosse ebreo, ci sono altri esempi di artisti e penso a Mosé di Castellazzo di cui si conoscono tutti i suoi spostamenti tra il Ducato di Milano e Venezia, nel Nord Italia, nel Rinascimento, di cui però non si conoscono le opere, pur sapendo che ricevette diverse commissioni. Poiché non ha mai firmato le sue opere e non ha avuto un rapporto diretto con le sue opere, non siamo in grado di sapere che cosa abbia effettivamente realizzato. L'arte ebraica è molto ricca, anche se un po' nascosta. Anche nelle sinagoghe askenazite, in Polonia e in Russia sono state affrescate e dipinte, i contratti matrimoniali medievali sono stati miniati da mani esperte di artisti ebrei, così come le Agadot, il testo pasquale ebraico è di prassi un testo miniato, per cui ci sono queste opere d'arte. Non vengono collegate però le opere all'artista. Pissarro è sicuramente uno dei primi artisti moderni che pur essendo ebreo ha lavorato a soggetti figurativi, però non dobbiamo dimenticare che ci sono state diverse vicissitudini storiche che hanno portato a situazioni interessanti.

Tobia Ravà - Virgulto d'albero della vita, 2009, cm 30X40

TG: In passato abbiamo avuto artisti che hanno utilizzato macchie di colore o pattern, mi viene in mente il puntinismo di Seurat; più recentemente, pensando alle opere cinematografiche, viene in mente il film Matrix, dove compaiono lettere e numeri che compongono la realtà delle macchine. La tua arte ha a che vedere con queste rappresentazioni del passato e del futuro?

TR: Diciamo che si tratta di due cose diverse, il puntinismo di Seurat traccia un percorso molto diverso da quello di Matrix e senz'altro, a posteriori, il mio lavoro sfrutta anche questo percorso, però lo fa in maniera concettuale, nel senso che attribuendo una lettera o un numero ad ogni punto si costruisce qualcosa che a sua volta ha una logica che non è solo compositiva, ma esprime delle idee. E' un modo di rifarsi alla tradizione linguistica ebraica che ad ogni lettera fa corrispondere un numero ed ogni parola è la somma dei valori numerici delle lettere che la compongono, per cui il dipinto non è solo un'immagine, ma anche un testo che si può decodificare sia attraverso le lettere che attraverso i numeri. Per quanto riguarda Matrix, effettivamente c'è un comune percorso legato al Cassidismo e alla mistica ebraica, in quanto il Rebbe di Lubavitch Schneerson, il controllore finale della serie di Matrix, proprio per poter verificare un discorso legato all'etica del film è lo stesso legato alla mistica ebraica. Abbiamo una comune matrice, perché anch'io lavoro sulla Cabalah e sul percorso della mistica, questo ci porta a fare delle cose simili.

Tobia Ravà


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