giovedì 11 settembre 2014

Await in Porta Venezia

La cronaca della città la si può leggere direttamente sui muri.
Milano un tempo era una città ricca ed operosa, ora che l'intero paese ha cambiato rotta scegliendo di delocalizzare le proprie attività produttive, chiudere le industrie e vivere d'altro, senza che si capisca bene che cosa sia rimasto, il capoluogo lombardo, ex-capitale morale d'Italia, rimane comunque un riferimento economico per chi si occupa della tratta dei migranti, profughi inclusi.
In città continuano ad arrivare persone che fuggono dalla miseria, dalla guerra, o dalla giustizia del loro paese, al ritmo di circa un migliaio d'individui al giorno.
Molte situazioni sono tragiche, tempo fa c'è stato il caso dei profughi siriani che bivaccavano alla Stazione Centrale, senza prospettive di veder riconosciuto il loro status, o d'essere collocate in modo leggermente più dignitoso da altre parti.
Ormai, non esistono politiche sociali nemmeno nel ricco Nord, non oso pensare cosa accada da altre parti della nazione, anche se leggo e sento storie atroci di sfruttamento e riduzione in schiavitù. 
Tutto è allo sfacelo, ma nessuno vuole ammetterlo, oggi ho sentito dire che i politici italiani con la loro interminabile spending review, dopo aver distrutto l'economia, l'istruzione, l'industria, l'agricoltura, il lavoro, la cultura, il turismo, le speranze dei giovani e la pazienza degli anziani, stanno pensando di metter mano all'unica cosa che ancora funziona abbastanza bene, almeno qui dalle nostre parti: la sanità.
In un mondo quasi totalmente globalizzato, ogni cosa accade nel deserto, o in altri angoli del mondo, magicamente, ingigantito dall'effetto farfalla, si ripercuote anche da noi.
In Eritrea succedono cose gravissime, la dittatura di Isais Afwerki ha calpestato i diritti umani del proprio popolo, chi può cerca di fuggire, a rischio d'essere ucciso in maniera brutale, se scoperto. 
Ovviamente i fuoriusciti dall'Eritrea non potranno più rientrare: molti di loro sono arrivati da noi e si sono accampati tra via Tadino e le vie perpendicolari ad essa, in zona Porta Venezia, un quartiere che è stato scelto per vivere ed aprire le loro attività, già da diversi decenni da molti loro connazionali.
Ho scambiato qualche parola con questi uomini che stanno tutto il giorno in piedi appoggiati ai muri, aspettando in Porta Venezia che accada qualcosa, che qualcuno si ricordi di loro, è una situazione molto triste che non sembra avere soluzioni.

Aspettando in Porta Venezia

Un po' tutti aspettiamo, con la speranza che cambi qualcosa, in questo mondo. Ricordo che fino a qualche anno fa si parlava del fatto che entro una certa data, forse entro il 2020, si sarebbe riusciti a debellare la fame nel mondo e forse perfino le guerre.
Ma un po' come la promessa di vedere utilizzare le macchine volanti per andare a fare la spesa, anche questa illusione è scomparsa e ci ritroviamo tutti più poveri, con meno diritti e  perfino privi dei sogni o della volontà per reagire.
Oggi, se vogliamo ben guardare come siamo messi, scopriamo che praticamente tutto il mondo è in guerra, i popoli, le religioni, le culture e le lingue si sono mischiati, questo, sinceramente non mi sembra un progresso, ma solo un modo per diffondere confusione, rancori e disperazione.
E' comunque utile ribadire, anche se in molti preferiscono continuare a negare l'evidenza, che il nostro paese non ha nemmeno più un'autonomia decisionale, quando arrivano gli ordini bisogna solo eseguirli: <Bombardate l'Iraq!> <Ok.> <Andate a bombardare la Serbia!> <Fatto.> <Tornate in Iraq!> < E non dimenticate l'Afghanistan> <Subito!> 
E via così.

Whatever happened to Eri ? Trea

La maggior parte della forza lavoro dell'Eritrea, un paese che comunque ha delle risorse minerarie importanti, resta impegnata nell'occuparsi di attività belliche e nello svolgere un servizio militare, imposto perfino ai bambini.
Il futuro, ma anche il presente di una società, sono i giovani, perché sono loro che hanno una visione moderna della vita, sono loro che hanno motivazioni, idee voglia per realizzare qualcosa di nuovo e duraturo, oltre ad avere le energie per farlo.
A parte la situazione tragica, non vedo grosse differenze d'approccio ad una pianificazione sociale con un paese come l'Italia che spreca le proprie generazioni  giovani offrendo loro, come unica possibilità di far qualcosa nella vita, l'espatrio, ma non per molto ancora.
Sicuramente, se le cose continueranno così (e perché dubitarne?), tra poco nelle piazze potremmo esserci noi ed i nostri figli, infatti, in paesi come la Germania, vista l'incapacità del governo italiano di gestire ogni genere di problema, stanno già pensando di ripristinare le frontiere ed escluderci dal trattato di Schengen per il libero transito delle persone nei paesi aderenti all'Unione Europea.
Finiremo così in un ghetto, un po' come uscire dall'Euro...

Esci fuori dal ghetto

C'è chi vuole uscirne e chi, come noi, fa di tutto per costruirselo attorno il ghetto, affidando il "potere" delegando uomini fantoccio. 
Molti addetti ai lavori hanno capito bene l'antifona, vedendo l'unico statista che abbiamo avuto dal dopoguerra, degno di questo ruolo, opporsi al padrone americano, poi finire in esilio in terra d'Africa, hanno ben pensato di riempirsi le tasche, tapparsi occhi, orecchie e naso e svendere il proprio popolo (ma potremmo anche dire gente, cambia poco).
La posizione strategica di una nazione come l'Italia non può concedere ai suoi abitanti libertà di scelta su argomenti di politica estera che coinvolgono mezzo mondo.
Volevano dei servi e li hanno avuti chiedendo a chi li doveva gestire di distruggere il paese dalle fondamenta. Prima, lo hanno fatto a livello politico con le bombe tra la gente (generalmente tra i lavoratori).
Stragi di stato.
Poi, con un nuovo ordine sociale, culturale ed economico.
Immigrazione, ignoranza, disoccupazione.


We didn't cross the desert to live in a square

Torniamo ai nostri profughi.
Non abbiamo attraversato il deserto per vivere in una piazza.
Questa frase potrebbe perfino sembrare poetica, ma esprime un sentimento di profonda sofferenza e dignità, anche il colore che è stato scelto per scriverla ed i caratteri non lasciano trapelare rabbia, ma sconforto, gentilezza e quell'ingenuità di chi non ha idea di dove si trova e si sente spaesato, deluso, sfinito per ciò che gli sta accadendo.
Forse, queste sono tra le scritte più semplici e potenti che ho fin'ora incontrato.
Cerchiamo di ricordarcele perché un giorno potrebbe farci comodo saper scrivere qualcosa del genere. Tony Graffio


Nessun commento:

Posta un commento