venerdì 17 marzo 2017

Kill your Idols a Studi Festival

Serigrafia disegnata a sei mani dai tre artisti che propongono "Kill your Idols".

Lo studio Area 3 di Stefano Cerioli ha aperto le porte dal 14 al 18 marzo all'interno dello Studi 3 Festival, una serie di mostre nei laboratori degli artisti milanesi, un progetto culturale ideato e curato da Claudio Corfone, Rebecca Moccia, Anna Stuart Tovini e Vincenzo Chiarandà.
Naturalmente, non potendo visitare tutti gli studi che partecipano a questa bella iniziativa, mi sono recato da chi mi ha invitato per primo: Thomas Raimondi che insieme a Michele Guidarini condividono lo spazio di Area 3 per i quattro giorni della mostra. I tre artisti sono in sintonia per le tematiche trattate e lo stile grafico underground con il quale si esprimono, come si può vedere da una serigrafia pensata e realizzata a sei mani.

Inizio la chiacchierata con Thomas e Stefano; Michele non era presente in studio.

Tony Graffio: Thomas, perché dovremmo uccidere i nostri idoli? A noi piacciono i nostri idoli!

Thomas Raimondi: Sì, è vero a tutti noi piacciono i nostri idoli, innanzitutto perché sono dei punti di riferimento e talvolta perché ci evitano di pensare con la nostre teste, anche se spesso rispecchiano i nostri ideali e le nostre passioni. Dobbiamo fare però attenzione che questi punti di riferimento non diventino degli idoli irremovibili che ci impediscono di guardare anche in altre direzioni e di rinnovarci in modo da restare al passo coi tempi e scoprire le cose nuove che accadono intorno a noi. Questo è un po' il concetto che noi proponiamo in questa mostra. La frase "Kill your Idols" arriva da una canzone dei Sonic Youth che sono stati tra i massimi sperimentatori musicali degli ultimi decenni. La nostra idea è di riallacciarsi a quello spirito di ricerca uccidendo metaforicamente quello che ti lega ad uno schema del passato. Non istighiamo nessuno a compiere un atto di violenza verso altre persone, ma a compiere un atto liberatorio nei confronti di noi stessi. Ci auspichiamo di essere di stimolo per fondere questo spirito di ricerca e liberazione in qualcosa che possa essere costruttivo per tutti.

TG: Stefano Cerioli, questo è il tuo studio. Che cosa fai qui di solito?

Stefano Cerioli: Sono un Art Director che viene da un contesto commerciale che ha deciso di dedicarsi un po' meno alla pubblicità ed alla grafica per abbracciare il mondo dell'arte. Condivido questo studio con degli architetti con i quali spesso facciamo dei progetti trasversali, perché ci piace considerare questo spazio un contenitore di varia creatività. Non solo è uno spazio da riempire coi nostri lavori, ma anche uno spazio dal quale possiamo attingere idee e ispirazione. Oltre che esperienze, progetti e situazioni come questa.

TG: Quello che sto vedendo mi sembra molto legato alla cultura Punk ed al mondo musicale, è così Thomas?

TR: La scintilla da cui tutto è iniziato è il background che a tratti ci accomuna che in effetti è legato alla musica, sia come fonte d'ispirazione che come passione personale che ognuno di noi ha e porta avanti individualmente. Venendo dal mondo della grafica, ci è capitato di collaborare con gruppi musicali, magari curandone l'artwork dei vinili o i poster, perciò consideriamo queste situazioni quasi perfette per impegnare il nostro lavoro. Quando immagine e musica si uniscono in maniera armonica si crea un momento magico.

SC: Sì, in quelle occasioni speciali, un campo invade l'altro e si crea un unicum che dà vita ad un oggetto praticamente perfetto in cui la musica ha bisogno di quell'immagine e l'immagine si nutre della musica che ha ispirato l'opera.

Peter Kernel - White Death & Black Heart - Thomas Raimondi Artwork

TG: La cultura Punk che cosa ha a che fare con il vostro stile?

TR: In primo luogo l'attitudine. Il nostro è un lavoro di getto che non si attua con la preparazione di 1000 bozzetti, ma nasce dalla spontaneità. Ciò che ci guida è l'istinto e l'emozione del momento, più che un effettivo ragionamento. Se vuoi, questo è un modo aggressivo di affrontare il foglio di carta. Ciò che conta non è solo la composizione, ma l'energia che trasmettiamo al nostro lavoro. L'idea deve essere immediata e comunicata nel modo più veloce possibile.

Il CD dei Motorpsycho con la copertina e la grafica di Thomas Raimondi

TG: Un esempio di lavori che avete fatto per musicisti o etichette discografiche?

TR: Io collaboro con uno studio grafico norvegese che ultimamente mi ha commissionato le copertine per i Motorpsycho, un gruppo Alternative Rock, ma anche per Dog and Sky (l'album deve ancora uscire) o i Monolithic. Oltre che per qualche indie band italiana, come i Cosmetic, i Late Guest o Peter Kernel, insomma, ho collaborato con alcune realtà musicali e così hanno fatto anche Stefano Cerioli e Michele Guidarini.

Il CD dei Cosmetic ed i disegni di Thomas Raimondi

TG: Da quello che mi hai detto desumo che sia più facile lavorare in Norvegia che in Italia.

TR: Non c'è assolutamente paragone, molto meglio lavorare con questo studio norvegese di Bergen. E' più facile mettersi in contatto e capirsi con chi ha un atteggiamento più professionale verso il lavoro. Una condizione fondamentale per ottenere un buon prodotto è avere fiducia nella persona che viene incaricata di realizzare il progetto artistico, cosa che in Italia capita molto difficilmente. In questo modo il grafico, l'illustratore o l'artista, si trova a lavorare in un clima migliore e ha un campo d'azione maggiore che gli permette di esprimere appieno il suo potenziale creativo. All'estero c'è anche molta più serietà ed una art direction più discreta che tende più a dare consigli e a far vedere una diversa prospettiva, piuttosto che imporre una certa guide line che poi finisce per castrare la creatività di chi deve realizzare l'opera d'illustrazione.

Il CD dei Late Guest illustrato da Thomas Raimondi.

TG: I gruppi che mi hai citato che musica fanno?

TR: Generi abbastanza diversi, I Motorpsycho sono abbastanza famosi in Norvegia e a livello internazionale; sono l'espressione di un Rock-psichedelico; mentre i Monolitic fanno musica un po' più sperimentale, a tratti Noise (Non me lo dice, ma i Cosmetic sono un gruppo Grunge e lui non ama molto il Grunge ndTG).

Il CD dei Monolithic illustrato da Thomas Raimondi.

TG: Come siete entrati in contatto? Via Internet?

TR: Sì, via internet attraverso l'Art Director dello studio di cui ti parlavo che mi aveva comprato dei disegni, mi aveva scovato su Flickr. Tramite lui ho anche realizzato grafiche per sci e snowboards. Gli è piaciuto il mio immaginario ed ha ritenuto di poterlo declinare in varie forme ed in vari campi.

TG: Come riusciresti a definire il tuo stile artistico? Rientri in qualche corrente artistica o in qualche gruppo grafico? Possiamo parlare di Art Brut nel tuo caso?

TR: Non mi pace definirmi e non vorrei farlo, quindi non lo faccio, diciamo che l'aspetto che io trovo interessante nella mia produzione sta proprio nello stare a cavallo tra varie realtà. Sono un po' in bilico, un po' di qui un po' di là, senza per questo essere tropo estremo o rientrare nel cliché del già visto, anche se è difficile essere completamente avulsi da un qualsiasi tipo d'influenza stilistica.

Quasi un autoritratto di Stefano Cerioli.

TG: Stefano Cerioli, che cosa vogliamo dire di te? Come nasci come artista?

SC: Nasco come grafico e seguo il percorso classico del grafico che si trasforma in Art Director per poi evolvere, o involvere, non so, non sta a me dirlo, in un percorso artistico un po' più complesso. Ho sempre dipinto, ma negli ultimi anni lo faccio in maniera più cosciente, lasciando un po' indietro la parte estetica per portare avanti un pensiero preciso. Quello che mi piace del mio lavoro è il linguaggio personale che continuo ad affermare anche dopo aver tracciato una ricerca personale che andava verso questa strada. Sono contento d'essere riuscito a creare una poetica che mi rappresenta completamente. Come diceva Thomas, è sempre brutto cercare d'incasellare ciò che si fa in qualcosa di conosciuto; per me l'idea di realizzare un lavoro personale è sicuramente la cosa più importante. Cerco di attingere da vari stili e da varie epoche per far convivere in modo armonico elementi che possono sembrare in antitesi tra loro. I miei soggetti, rispetto a quelli dei miei amici, sono più puliti ed iconici e anche meno pieni di elementi e di segni. Anche perché, forse ho avuto maggiormente la volontà di chiarire che cosa mi passa effettivamente per la testa. Il risultato è poi quello che vedi.

TG: Tra queste stampe digitali che avete disposto su un grande tavolo, prendi un tuo lavoro e descrivimelo.

SC: Questo disegno (l'autoritratto dell'uomo stilizzato con barba) è uno dei miei ultimi lavori ed in qualche maniera ti mostra la mia faccia. Fa parte dell'evoluzione di cui ti parlavo e rappresenta un percorso che sta andando avanti. Sentivo la necessità di esprimere iconicamente qualcosa che appartenesse al mio aspetto fisico, come la mia barbaccia e ciò che ci gira intorno. 

TG: Perché nei tuoi lavori troviamo tanto oro? Oltre al bianco e al nero?

SC: Hai ragione, in questo momento la mia paletta è abbastanza limitata, però questa scelta mi permette di concentrarmi non tanto sulla composizione e la cromaticità, quanto sul segno grafico che è la mia vera natura. Adesso, non sento il bisogno di riversare altri colori sulla carta o sulla tela. Cosa che mi agevola anche nel momento in cui sento la necessità di dare un'immediata riconoscibilità alla mia opera ed al mio modo di dipingere che, come vedi, è molto essenziale.

TG: Ti senti un artista underground?

SC: In qualche maniera, sì. Ho 50 anni, un'età che mi ha dato modo di poter vivere veramente certe esperienze che avvenivano tra la fine degli anni '70 e gli anni '80, come poteva essere il movimento Punk e la contro-cultura che ci ha trasmesso quel periodo. Sono stato a Londra e questo mi ha segnato indelebilmente; all'inizio l'impatto è stato solo pseudo-estetico o visivo, ma poi ha preso il sopravvento l'ideologia che c'era dietro quel movimento ed il suo immaginario comunicativo. Adesso, la cultura Punk ritengo che sia una parte integrante della mia "formazione" professionale e artistica.

TG: Hai fatto studi d'arte o di grafica?

SC: Sì, ho frequentato l'Istituto d'Arte che poi è diventato  il Liceo Artistico a Monza.

TG: Se sei di Monza, allora conoscerai il MIMUNO di Felice Terrabuio...

SC: Certo! E lo trovo molto interessante.

TG: Hai mai esposto lì?

SC: No, ma mi piacerebbe farlo.

TG: Ok, allora ne parlerò con Felice, ma sappi che c'è una lunga lista d'attesa.

SC: Va bene, grazie.

TR: Secondo me, se adesso il registratore di Tony Graffio non avesse registrato un cazzo sarebbe il massimo della "Punkaggine".

TG: (Rido) A volte succede, sai? Infatti, a Jesi, Booka, un bravissimo tatuatore, mi aveva chiesto d'interrompere la registrazione perché doveva dirmi delle cose piuttosto personali. Poi, io mi sono dimenticato di riavviare la registrazione ed adesso sono disperato perché mi aveva detto delle cose bellissime che io ricordo a malapena. 

TR: E' il mio sogno. Spero, anzi che vadano perse tutte le cose che ti ho detto perché tu faccia la scelta volontaria di cancellare tutto.

TG: Non scherziamo ragazzi che già ho poca memoria... Chi mi parla di Michele Guidarini adesso?

Never trust a Hippy di Michele Guidarini

SC: Lo conosce meglio Thomas.

TR: Parlare per interposta persona è un po' difficile. Michele viene da Arcidosso, in provincia di Grosseto, ma non mi sento di raccontarti del suo lavoro.

TG: Va bene, andrò a conoscerlo di persona, magari a casa sua in Toscana. Noto comunque che anche lui, come te, ama riempire tutto il foglio di scritte, disegni e segni, c'è un po' di tutto. Da dove arriva questa pratica? Non sarà mica paura del vuoto, no?

TR: Anch'io procedo in quel modo perché aggredisco il foglio con un approccio molto istintivo, un po' bestiale.

Outsider for choice di Michele Guidarini

TG: Ho capito, contatterò Michele e sentirò anche lui che cosa ha da dirmi.

TR: Fallo, perché ne vale la pena.

TG: Avevate già fatto l'esperienza dello studio aperto al pubblico?

SC: Per quello che mi riguarda, questa è la prima volta...

TG: Anche l'ultima, mi sembra di capire...

SC: (Ride) No, la trovo molto interessante, però farei degli appunti per gli orari d'apertura che ci sono stati concessi che sono un po' strani. Comunque, sono venute a trovarci diverse persone, specialmente nel momento dell'inaugurazione e ci hanno detto che pur abitando qua vicino, o altri visitatori ancora che sono arrivate qui da vari giri fatti per la città, non sapevano dell'esistenza di queste realtà. Non solo della mia, ma anche di altre. Milano è piena di cortili nascosti che contengono tesori artistici e architettonici, oppure interi giardini che mai ti aspetteresti di trovare vedendo la facciata del palazzo dall'esterno. La manifestazione "Studi Festival" contribuisce tantissimo a svelare queste realtà, grazie a quattro artisti che danno libertà massima di presentazione dei concept e delle mostre.

Black Flag Hardcore di Michele Guidarini

TG: In che modo si partecipa a Studi Festival? Basta aderire?

SC: Si aderisce presentando un piano del progetto legato alla mostra e le note biografiche degli artisti che intendono partecipare.

TG: Stefano, chi è il tuo idolo?


TG: Te la sentiresti d'ucciderlo?

SC: In qualche maniera l'ho già fatto... Attraverso i nostri lavori ci siamo uccisi a vicenda. Comunque il concetto di questa mostra è proprio quello di mettersi in discussione ed uscire da una zona di confort per aver voglia di provare nuove cose e sperimentare senza mai fermarsi. Credo che questo sia lo stimolo più forte che può darti l'arte.

TG: Tra Stefano, Thomas e Michele che legame c'è?

SC: Ognuno di noi conosceva il lavoro degli altri, senza però conoscerci personalmente, questa è stata un'occasione meravigliosa per collaborare professionalmente e interagire a livello umano. Può essere divertente dirlo in questo modo, ma attraverso i social network ci seguivamo senza mai incontrarci. Ci siamo poi visti a Filler e a Paciugo, oltre che ad un paio di mostre di Michele Guidarini; da lì abbiamo iniziato ad interagire. Ci siamo sentiti ed abbiamo iniziato a mettere fisicamente sul tavolo le nostre idee per costruire un progetto che non finirà qui. Pensiamo che potremmo far evolvere la cosa coinvolgendo anche altri artisti o portando il tutto in altre situazioni.

TG: Sintonia tematica e di stile?

SC: Non solo, anche di carattere, perché non è facile andare d'accordo tra artisti. Pensa che siamo riusciti a fare insieme anche la grafica della locandina. Non è una cosa da poco... Per fortuna, siamo sempre riusciti a trovare un punto d'accordo morbido e sinergico.

Kill your Idols dal 14 al 18 marzo 2017 in via Rinuccini, 3 - Milano

TR: In ultimo, ci tengo a dire che questa collaborazione non è nata su basi di amicizia, o per altri tipi di legami personali, ma soltanto per il rispetto che abbiamo l'uno per gli altri; per un tipo di approccio professionale e una certa serietà. Poi, è normale che aprendoci verso gli altri sia subentrata una fiducia reciproca molto importante per la riuscita del progetto, questo è vero. Cosa che poi ha consolidato un legame umano e amichevole, ma quell'aspetto è venuto solo secondariamente. Il nostro rapporto deriva principalmente da una scelta estetica e professionale di un immaginario condiviso che ha portato a questo progetto comune. L'amicizia, i servilismi o altre questioni non c'entrano un cazzo.

TG: L'ho capito, difatti Stefano ha detto che ti ammazzerebbe...

TR: Ecco, ok, perfetto!

Stefano Cerioli e Thomas Raimondi all'Area 3 di via Rinucci n°3, a Milano.

TG: Anch'io volevo sapere un'ultima cosa, sia da Stefano che da Thomas. Che musica ascoltate?

SC: Io, musicalmente, vengo dagli anni '70; ripudio gli anni '80 tranne che per il trascorso Punk-Rock e ammetto di ascoltare il Grunge.

TG: Nirvana?

SC: Nirvana e tutto quello che sia riconducibile al Grunge.

TR: Ragazzi, lo ha ammesso!

SC: Sì, amo il Grunge perché trovo che questo sia l'ultimo grande genere musicale originale.

TG: E tu Thomas, che cosa ascolti?

TR: Dai, io ascolto di tutto... Musica elettronica; Punk; Post-Punk; Garage; Noise...


TR: Emmm... non so cosa cazzo sia...

TG: Free-Techno?

TR: La Techno non mi piace tantissimo... Di robe estreme ascolto Harsh noise, tipo Wolf Eyes, Prurient. Oppure Elettronica sperimentale come Black Dice, Burning Star Core. Sono curioso, ascolto di tutto tranne lo Ska, il Metal che sono generi che mi fanno cagarissimo... e il Grunge che proprio è inascoltabile... (risate di tutti)


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