mercoledì 10 dicembre 2014

Un ricordo di Pinelli 45 anni dopo la sua morte


Essere un artista significa vivere la realtà del proprio tempo, anticipandone le tendenze e conoscendo il passato che ci ha condotto ai nostri giorni. T. G.

Punto Rosso Magenta

Una decina di giorni fa sono stato ad un incontro con un gruppo di anarchici e comunisti di Magenta, questi ultimi hanno invitato nella loro sede Claudia Pinelli, la figlia minore di Giuseppe Pinelli, l'anarchico assassinato a Milano dai funzionari dello stato italiano, a seguito della strage di piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969.
In questa occasione Claudia ha ricordato chi era Pinelli e cosa accadeva in quei giorni a Milano.

Piazza Fontana, sullo sfondo il Duomo di Milano

Anarchia non è violenza, ma ragionamento e responsabilità. Giuseppe Pinelli

Con queste parole, Giuseppe Pinelli, il 12 dicembre 1969, spiegava in una lettera ad un ragazzo trattenuto ingiustamente in questura, il significato di un modo di vivere e di pensare.
In quel periodo storico, in Italia c'era molta voglia di rinnovare la società e far valere i diritti civili, spesso scalfiti da istituzioni e uomini che affermando di servire lo stato, in realtà opprimevano i cittadini con le loro azioni.
Alla luce di come stanno andando oggi le cose in Italia, la difesa dello stato s'è rivelato essere un modo per rafforzare la mafia ed esercitare un potere autoritario su una popolazione tenuta nell'ignoranza da una disinformazione di regime che finalmente sta mostrando apertamente il suo volto in maniera inequivocabile.
Oggi, chi vuol continuare a credere alle calunnie prodotte dalla premiata ditta Stato & Mafia lo fa soltanto per un proprio interesse personale riconducibile ad una sua posizione che supporta attività di tipo delinquenziale. Chi continua a negare i fatti accaduti lo fa o per ignoranza, o per un'esplicita complicità malavitosa con il sistema Italia (Mafia).
Ai molti giovani invece non hanno avuto modo di conoscere nel dettaglio certe vicende, propongo questa lettura che è un mio piccolo contributo a diffondere pagine di storia italiana che si vogliono rimuovere, insabbiandole, o infangando la memoria di chi, disinteressatamente, ha agito per mettere le basi di una società migliore.
In questa piazza, luogo di operosi incontri civili, il 12 dicembre 1969, un criminoso attentato recava tragica sfida allo stato ed alle istituzioni repubblicane.
Milano popolare e democratica onorava con determinazione unitaria
il sacrificio delle vittime innocenti mobilitandosi contro l'attacco eversivo
e contro ogni tentativo d'avventurismo autoritario a riconferma dell'attualità
dei valori di libertà e giustizia
cardini del rinnovamento civile e sociale del paese.

A memoria del sacrificio di: Arnoldi Giovanni, China Giulio, Corsini Eugenio, Dendena Pietro, Gaiani Carlo, Galatioto Calogero, Garavaglia Carlo, Gerli Paolo, Mocchi Vittorio, Meloni Luigi, Papetti Gerolamo, Pasi Mario, Perego Carlo, Sangalli Oreste, Scaglia Angelo, Silva Carlo, Valé Attilio

Milano pone il 12 dicembre 1979

Alla fine degli anni 1960, il movimento anarchico, a Milano, portava avanti delle istanze importanti come la legge per l'obiezione di coscienza e per il divorzio, molte persone lottavano perché credevano che questo avrebbe permesso d'arrivare ad una società più giusta e più umana.
Pinelli era un semplice ferroviere che portava avanti il confronto con i giovani della contestazione, il suo impegno diventava ogni giorno più forte e determinante e questa cosa non passava inosservata a coloro che erano spaventati da un possibile cambiamento sociale e politico.
Il 1969 segna un punto di svolta rispetto agli anni precedenti, in quanto i conflitti operai stavano aumentando e l'unità dei lavoratori aveva dato luogo a quell'autunno caldo che darà anche origine ad un incremento di attentati e violenze.
Giuseppe Pinelli era una figura piuttosto nota del panorama politico milanese,
egli era attivo per portare solidarietà, favorendo l'assistenza legale ed il conforto morale ai giovani anarchici ingiustamente incarcerati a seguito di alcune esplosioni avvenute presso la Stazione Centrale e la Fiera Campionaria, nel mese di aprile del 1969.
Pinelli era estremamente conosciuto presso il circolo Turati che era un luogo d'incontro per molti personaggi del socialismo di quegli anni ed era conosciuto ache in questura per via degli scioperi della fame ed altre vicende che lo vedevano convocato dalla polizia per avere chiarimenti su queste questioni.
La notte prima del 12 dicmbre 1969 Giuseppe Pinelli aveva lavorato, al mattino era andato in banca a ritirare la 13a mensilità ed a prendere le due figlie di 8 e 9 anni, all'uscita di scuola.
Più tardi, nella stessa giornata, Pinelli partecipa all'inaugurazione del circolo Scalsole ed è lì che la polizia lo trova, intimandogli di seguire la volante col suo motorino, per andare in questura e dare spiegazioni su ciò che egli aveva fatto nelle ore precedenti.
Pinelli viene trattenuto (oggi diremmo sequestrato) illegalmente per 72 ore in questura.
Dai verbali della polizia, Giuseppe risultava rilasciato, invece era precipitato da una finestra del 4° piano, dove si trovava l'ufficio del Commissario Luigi Calabresi.
Claudia Pinelli, all'epoca aveva 8 anni, ma si ricorda molto bene di quello che accadde il 15 dicembre 1969 ed oggi ne parla così:

Claudia Pinelli il 30 novembre 2014 a Magenta

Io non sapevo niente della strage di piazza Fontana, noi abitavamo in 2 locali nelle case popolari, al 4° piano di un palazzo senza ascensore, casa nostra era un porto di mare, c'erano spesso amici di mio padre e persone sorridenti delle quali avevamo fiducia.
Quel giorno c'erano due persone molto serie sul pianerottolo, davanti alla nostra porta, mia madre fece capire subito a me ed a mia sorella che non si trattava di amici, erano due poliziotti in borghese.
Entrarono in casa ed iniziarono a frugare dappertutto, aprirono i nostri regali di Natale che erano nascosti in un armadio, poi portarono via delle carte di Pino.
Sentii che era accaduta una cosa gravissima, mia madre disse che mio padre era con degli altri poliziotti, gli avrebbero fatto prendere un bello spavento, ma poi lo avrebbero fatto arrivare a casa.
Passò del tempo prima che sapemmo che mio padre era morto, quando mia madre chiese ai poliziotti perché non fosse stata avvertita prima, si sentì rispondere: “Signora abbiamo tanto da fare”.
In effetti, invece d'avvertire la famiglia, indirono immediatamente una conferenza stampa, in cui il questore di Milano, Marcello Guida, era la stessa persona che aveva fatto da direttore politico durante il confino di Ventotene, dove era stato isolato Sandro Pertini. A quella conferenza erano presenti anche Antonino Allegra, capo dell'ufficio politico ed il commissario Calabresi, essi dissero che mio padre si era suicidato al grido: “La fine dell'anarchia”, a dimostrazione della sua colpevolezza.
Tutte menzogne, delle quali nessuno verrà mai chiamato a rispondere.
Nessuno.
Mia madre si trova da sola, con due figlie piccole, in questa situazione.
In quelle ore venne arrestato Valpreda che si farà 1110 giorni di carcere, da innocente.
Gli anarchici erano considerati i colpevoli ideali, e furono trovati subito.
Non erano colpevoli, si trattava di altre menzogne.
La questura di Milano per connivenza, o per obbedienza, eseguiva gli ordini provenienti da Roma, ma questo non cambia il risutato di quello che è successo.
Le accuse contro gli anarchici verranno portate avanti per anni e per anni si cercherà d'ignorare la pista dei fascisti veneti.
Il processo di piazza Fontana, da Milano verrà spostato a Roma e da Roma verrà spostato a Catanzaro, a 1200 km di distanza, nella speranza d'insabbiare tutto.
Processi per Pinelli? No, non ce ne sono stati, nulla. Tutte le nostre denunce sono finite in archiviazione.
La prima denuncia che viene presentata da mia madre e da mia nonna nel dicembre del 1969 è stata per diffamazione, nei confronti del questore che aveva osato dire quelle cose su Pino.
Archiviata, perché il fatto non costituisce reato, ed erano tutte menzogne.
Tutte le altre denunce sono finite in archiviazione, prima come suicidio, poi come morte accidentale, da cui poi Dario Fo trarrà il titolo della sua opera teatrale: “Morte accidentale di un anarchico”.
Se non l'avete vista, andatela a vedere è anche su Youtube, perché fa ridere, è grottesca e Dario Fo non ha preso altro che i verbali della polizia ed è terribile.
La morte di Pino verrà poi archiviata definitivamente dal giudice D'Ambrosio nel 1975. Nella sentenza lui esclude il suicidio, esclude l'omicidio e dice che giuseppe Pinelli, dopo 3 giorni di fermo illegale (sequestro di persona), sottoposto a maltrattamenti a privazione del cibo e del sonno, si sia sentito male.
La definizione di D'ambrosio della morte di Pinelli è quella di “malore attivo”: è morto per un malore attivo...
A noi, dopo 45 anni, ancora non c'è stato detto che cosa sia successo in quella stanza, quella notte. 
Noi sappiamo cosa è avvenuto in quella stanza quella notte. Era in corso un interrogatorio ed erano presenti almeno 5 persone.
Il giudice D'ambrosio dirà che il Commissario Calabresi non era presente in quell'istante. Questo fatto potrà essere molto importante per la famiglia del commissario Calabresi, per noi invece non cambia nulla, perché il Commissario Calabresi era responsabile del fermo ed era responsabile dell'interrogatorio, quella notte. Se lui è uscito da quella stanza, sapeva in che mani veniva lasciato mio padre.
Questa è la nostra storia, noi abbiamo continuato una battaglia che non è solo della nostra famiglia, noi abbiamo avuto un supporto importantissimo da quella che è stata la società civile.
I primi che si sono mossi a fianco di mia madre e di mia nonna sono stati i cattolici, le persone con le quali Pino era entrato in contatto su questi valori comuni dell'obiezione di coscienza.
Non vorrei nemmeno dimenticare l'apporto che hanno avuto alcuni giornalisti: Camilla Cederna, Corrado Stajano, persone che erano presenti alla conferenza stampa e sono venute alla nostra porta quella notte e che non hanno più accettato le veline provenienti dalla questura, ma hanno fatto un vero lavoro di ricerca e di contro-informazione.
Nel 1970 esce un libro: “La strage di stato”, è da quel titolo che abbiamo preso quella definizione che adesso usiamo comunemente per parlare di quanto è accaduto in piazza Fontana.
Al processo di Catanzaro noi abbiamo visto sfilare politici e membri dei servizi segreti. Non vorrei che venisse dimenticato che alla condanna di Freda e Ventura seguirà poi un'assoluzione, ma furono i servizi segreti italiani che fecero scappare Freda e Ventura all'estero.
E' una strage di stato.
Il processo di piazza Fontana s'è concluso definitivamente nel 2005 con l'assoluzione di tutti gli imputati e con l'identificazione quali responsabili materiali dell'attentato di Freda e Ventura ordinovisti veneti, non più processabili in quanto già assolti in un precedente procedimento (Corte d'assise d'appello di Bari). I familiari delle vittime di piazza Fontana sono stati così condannati a pagare le spese processuali, cosa che è successa anche ai familiari delle vittime della strage di piazza della Loggia.
Da un punto di vista legale, diciamo, mia madre provò anche a fare la causa civile che perse perché c'era la sentenza di D'ambrosio che parlava di malore. Se è stato un malore, che cosa volete?
Anche lei venne condannata a pagare le spese processuali e si rifiutò di ricorrere in appello per una sua totale sfiducia nello stato.
Nel 2009 abbiamo avuto un riconoscimento importante, in occasione del 40° anniversario della strage di piazza Fontana, o meglio, in occasione della giornata della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi.
Il 9 maggio siamo state chiamate al Quirinale e abbiamo discusso molto se andarci o non andarci. Ci era stato detto che il presidente Napolitano avrebbe inserito il nome di Giuseppe Pinelli quale 18a vittima della strage di piazza Fontana. Abbiamo deciso di partecipare, erano anni che di Pino non si parlava più, continuavamo a raccontarcelo tra di noi e basta.
Napolitano ha usato delle parole che sono state significative ed io sono molto contenta che mia madre, che sta bene di salute, ci fosse in quell'occasione ed abbia potuto ascoltare quello che il presidente della Repubblica italiana ha detto davanti a tutto il paese ed a tutto il mondo. Napolitano ha detto che Pinelli era un innocente che è stato ucciso due volte dai fondati sospetti di un'assurda fine. Questo non è una riabilitazione perché un innocente non ha nessun bisogno d'essere riabilitato, ma è un'ammissione di responsabilità, perché nel momento che tu inviti la famiglia di Pinelli nella la giornata della memoria per le vittime del terrorismo e delle stragi, sì ma vittima di chi?
Vittima dello stato.
E lì abbiamo avuto il sentore di cosa potrebbe essere una democrazia di diritto, cioè di una democrazia che riconosce e che cerca la verità. Che ha il coraggio della verità.
Purtroppo è finita lì.
Quando ci parlano di pacificazione e riconciliazione io dico dobbiamo avere la verità e poi possiamo parlarne. Non s'è concluso niente, anzi è stata un'occasione per ricominciare. Ricominciare a portare testimonianza, non c'è niente che deve rimanere fermo e immobile, possiamo tutti scalfire questo sistema. (Tratto da un discorso di Claudia Pinelli di cui dispongo della registrazione video e audio)

Davanti alla Banca Nazionale dell'Agricoltura, nel 2006, facendosi beffe dello spirito unitario di cui si parla nella lapide posata per il 10° anniversario della strage di piazza Fontana, il Comune di Milano, su ordine di Gabriele Albertini, fece posare di notte una nuova lapide a ricordo di Giuseppe Pinelli, sostituendo quella preesistente.
Oggi coesistono due lapidi dedicate a Pinelli con due diverse diciture riguardanti la sua morte.

Per il 45° anniversario della strage di piazza Fontana ci saranno 2 manifestazioni, quella “ufficiale”, organizzata dalle istituzioni, si svolgerà il 12 dicembre; mentre il 13 dicembre ci sarà una manifestazione per Giuseppe Pinelli ed Enzo Santarelli, un ragazzo di vent'anni ucciso da un candelotto lacrimogeno sparatogli contro il petto dalla polizia, durante la manifestazione per il primo anniversario della strage di piazza Fontana. 

Nella lapide del Comune di Milano si parla di un innocente morto tragicamente.

Sulla lapide apposta dagli anarchici il 23 marzo 2006 è stata ripristinata la dicitura originale: "Ferroviere anarchico ucciso innocente". Da notare che nemmeno la data della morte corrisponde.

Manuel Vulcano ha fatto delle ricerche sul perché esistono due lapidi e due diverse date di morte per Pinelli, la spiegazione è nelle righe seguenti.

Le lapidi in piazza Fontana sono due da alcuni anni e si trovano nel giardinetto davanti alla ex Banca dell'Agricoltura.
In origine c'era solo quella posta intorno al 1977, dagli studenti e democratici milanesi con l'incisione "A Giuseppe Pinelli ucciso innocente nei locali della questura di Milano il 16 dicembre 1969". Essendosi molto deteriorata, questa pietra venne sostituita con una nuova riportante la stessa scritta. Quest'ultima venne rimossa una notte, durante le ultime fasi della giunta Albertini, e sostituita con una targa ufficiale del Comune di Milano dove si legge "A Giuseppe Pinelli innocente morto tragicamente nei locali della questura di Milano il 15 dicembre 1969". La cosa indignò molti che rimisero, nel corso di una manifestazione, la prima lapide che era stata comunque conservata e che ancora si trova lì, accanto a quella del comune.
Le date sono diverse, il giornalista che sentì cadere Pinelli e accorse, disse che il volo era avvenuto 3 minuti dopo la mezzanotte. Pinelli morì poi in ospedale quindi il 16. L'ambulanza però era stata chiamata prima della mezzanotte. Dissero che il giornalista si era sbagliato e che la precipitazione e la morte erano avvenute entro la mezzanotte e quindi il 15... M. V.

Ci sono molte cose da dire su questo argomento, credo che prossimamente preparerò un altro servizio, anche in considerazione del fatto che sono riuscito a contattare testimoni oculari dell'accaduto e persone che mi hanno riportato fatti molto importanti e documenti dei quali non s'è ancora parlato. Tony Graffio












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